domenica 31 gennaio 2021

Cos’è il Vuoto? È davvero “Vuoto”? Fisica e Mistica orientale si incontrano


di Emanuele Casale

Il Vuoto in sé può essere concepito come un ‘Campo di campi’ o, più poeticamente, come un mare di potenzialità. Esso non contiene particelle e tuttavia tutte le particelle sorgono come eccitazioni […] al suo interno. […] Il vuoto è il substrato di tutto ciò che è”.
(Danah Zohar, “L’Io ritrovato”, Sperlink & Kupfer, Milano 1990, p.263) 

Il Vuoto è ben lungi dall’essere vuoto. Al contrario, esso contiene un numero illimitato di particelle che vengono generate e scompaiono in un processo senza fine. In questo aspetto della fisica moderna c’è dunque la più stretta corrispondenza con il Vuoto del misticismo orientale.

Analogamente al “vuoto” dei mistici orientali, il “vuoto fisico” – come è chiamato nella teoria dei campi – non è uno stato di semplice non-essere, ma contiene la potenzialità di tutte le forme del mondo delle particelle. 
Queste forme, a loro volta, non sono entità fisiche indipendenti, ma soltanto manifestazioni transitorie del Vuoto soggiacente ad esse. Come dice il sūtra, “la forma è vuoto, e il vuoto in realtà è forma”. (Fritjof Capra – Il tao della fisica – Adelphi Edizioni, p. 258) ...


Il Campo Quantistico e il “Vuoto” nella Fisica Quantistica

Gli uomini hanno paura di abbandonare le loro menti, perché temono di precipitare nel vuoto senza potersi arrestare. Non sanno che il vuoto non è veramente vuoto, perché è il regno della Via autentica”. (Huang-po)

Il campo quantistico è un campo che può assumere la forma di quanti, o particelle. Il campo quantistico è un concetto completamente nuovo che è stato esteso ed applicato alla descrizione di tutte le particelle subatomiche e delle loro interazioni, facendo corrispondere a ciascun tipo di particella un diverso tipo di campo.

In queste “teorie quantistiche dei campi”, il contrasto della teoria classica tra le particelle solide e lo spazio circostante è completamente superato. Il campo quantistico è visto come l’entità fisica fondamentale: un mezzo continuo presente ovunque nello spazio. Le particelle sono soltanto condensazioni locali del campo, concentrazioni di energia che vanno e vengono e di conseguenza perdono il loro carattere individuale e si dissolvono nel campo soggiacente ad esse.

Come dice Albert Einstein: “Noi possiamo perciò considerare la materia come costituita dalle regioni dello spazio nelle quali il campo è estremamente intenso… In questo nuovo tipo di fisica non c’è luogo insieme per campo e materia poiché il campo è la sola realtà.“

La concezione delle cose e dei fenomeni fisici come manifestazioni effimere di una entità fondamentale soggiacente, non è solo un elemento di fondo della teoria dei campi, ma anche un elemento basilare della concezione orientale del mondo. Come Einstein, i mistici orientali considerano questa entità soggiacente come la sola realtà: tutte le sue manifestazioni fenomeniche sono viste come transitorie e illusorie.

Questa realtà del mistico orientale non può essere identificata con il campo quantistico dei fisici, poiché essa è vista come l’essenza di tutti i fenomeni di questo mondo e, di conseguenza, è al di là di tutti i concetti e di tutte le idee. Il campo quantistico, viceversa, è un concetto ben definito che spiega solo alcuni dei fenomeni fisici.

Ciononostante, l’intuizione che sta dietro l’interpretazione che i fisici danno del mondo subatomico, in termini di campo quantistico, ha una stretta analogia con quella del mistico orientale, che interpreta la propria esperienza del mondo, sulla base di una realtà ultima fondamentale.

Il Brahman degli Indù, il Dharmakaya dei Buddhisti e il Tao dei Taoisti possono essere visti, forse, come il campo unificato fondamentale da cui nascono, non solo i fenomeni studiati in fisica, ma anche tutti gli altri fenomeni.


Nella concezione orientale, la realtà soggiacente a tutti i fenomeni trascende tutte le forme e sfugge a tutte le descrizioni e specificazioni. Di essa, perciò, si dice spesso che è senza forme, vacua e vuota. Ma questa vacuità non dev’essere presa per semplice non-essere. Essa è, al contrario, l’essenza di tutte le forme e la sorgente di tutta la vita.

I Buddhisti esprimono la stessa idea quando essi chiamano la realtà ultima Sunyata – “vacuità” o “vuoto” – e affermano che è un “vuoto vivo” che dà origine a tutte le forme del mondo fenomenico. 
I Taoisti attribuiscono un’analoga creatività, immensa e incessante, al Tao, e anch’essi lo indicano come vuoto. “Il Tao dei cieli è vuoto e senza forme”, dice il Kuan-Tzu, e Lao-Tzu usa diverse metafore per illustrare questa vacuità. Egli spesso paragona il Tao a una valle profonda, oppure a un vaso eternamente vuoto e che quindi ha la possibilità di contenere un’infinità di cose. 
I saggi orientali fanno capire che essi non intendono la normale vacuità ma, al contrario, intendono un vuoto che ha un potenziale creativo infinito.

Dunque, il vuoto dei mistici orientali è certamente paragonabile al campo quantistico della fisica subatomica. Nella teoria dei campi, il campo è visto come la base di tutte le particelle e delle loro interazioni reciproche.

Il campo esiste sempre e dappertutto, non può mai essere eliminato. Esso è il veicolo di tutti i fenomeni materiali. È il ‘vuoto’ dal quale il protone crea i mesoni π. L’esistere e il dissolversi delle particelle sono semplicemente forme di moto del campo” (W.Thirring, op. cit., p.159)

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sabato 30 gennaio 2021

Il Significato Simbolico Del Bacio È Legato All’origine Della Vita

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Una madre provata dal parto riceve per la prima volta il suo bambino tra le braccia. Lo avvolge come una coperta, sorride, piange e d’istinto posa sulla sua testolina un bacio delicato come un battito di ciglia per salutare quella vita che ha custodito nel suo ventre per tanti mesi.

Due innamorati si danno il primo appuntamento. Non si sono ancora dichiarati. Le parole scorrono senza che nessuno dei due ci badi più di tanto; poi, ad un tratto, le mani si sfiorano. Gli sguardi diventano di colpo più intensi e un curioso magnetismo sembra rapirli. Il mondo scompare mentre si scambiano il primo bacio.

Un uomo tiene la mano di sua madre, sdraiata sul suo letto d’ospedale. Sanno entrambi che il tempo scorre troppo velocemente. Lei chiude gli occhi e si lascia andare. Lui le stringe forte la mano mentre rimanda indietro le lacrime e depone sulla sua fronte l’ultimo bacio.

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Il bacio, il più bello e profondo gesto d’amore, sembra scandire la nostra intera esistenza imprimendoci nel cuore i momenti più importanti.

Le curiose origini del bacio

Che sia il primo bacio ricevuto dai nostri genitori alla nostra nascita o l’ultimo che riceveremo dai nostri cari il giorno del nostro trapasso, il bacio ci accompagna come una piccola parentesi di dolcezza e affetto lungo il nostro cammino. Ormai lo viviamo come un atto quasi istintivo ma non è comune a tutte le culture; e le sue origini, anche se ancora incerte, non mancano di incuriosire gli scienziati.

In effetti, molti studiosi tra i quali spiccano etnologi, antropologi e psicanalisti, hanno tentato di comprendere il significato del bacio al livello evolutivo. Alcune teorie rimandano alla nutrizione e al bacio come gesto derivante dalla prima forma di piacere provata in tenera età, legata al cibo: il bambino che succhia il latte dal seno materno, il genitore che pre-mastica il cibo e imbocca il suo cucciolo affamato.

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Secondo alcuni studiosi tra i quali Sheril kirshenbaum, autrice del libro The science of kissing, il bacio deriverebbe dall’istinto di annusare l’altro, entrando in questo modo in una dimensione comunicativa più profonda che permette di determinare lo stato di salute dell’altro ed includerlo nel proprio spazio personale.

Alcuni antropologi fanno invece riferimento al concetto di socializzazione: il bacio diventa così un assaggio metaforico dell’altro a scopo evolutivo, che permetterebbe uno scambio di informazioni al livello immunologico, o genetico, attraverso il riassorbimento dei geni.

Scambiarsi l’anima in un bacio

In diverse parti del mondo, lo scambio del respiro, il cosiddetto “bacio col naso”, è una forma di comunione profonda ed intima che rappresenta la fusione delle anime che va ben al di là dell’unione amorosa ma si estende all’altro come destinatario del proprio sentimento: mentre si respira l’altro, avviene un’unione del soffio vitale, dello pneuma.

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Il bacio è quindi intimamente legato alla vita che circola da un essere all’altro. Nel bacio avviene un’unione che parte dal cuore e poi risale verso l’alto per sbocciare sulle labbra; lì avviene lo scambio del respiro, del soffio vitale. Lo pneuma è il concetto col quale alcuni filosofi presocratici della scuola di Mileto descrivevano l’anima, l’archè (ἀρχή), la forza primigenia che domina il mondo, da cui tutto proviene e a cui tutto tornerà:

«Come l’anima nostra, che è aria, ci tiene insieme, così il soffio e l’aria abbracciano tutto il mondo.»

(Anassimene)

Lo pneuma è il primo respiro del neonato che lo anima ed è l’ultimo sospiro che lascia il morente. In molti racconti mitologici legati alla nascita dell’uomo si menziona questo soffio vitale; pure nei geroglifici vi è la curiosa tendenza dei Neteru (divinità egizie) a porre di fronte alle narici l’ankh, la croce di vita, come ad identificare nell’aria l’origine della vita che anima il corpo.

Se il soffio è anima, allora porta la vita e il bacio diventa salvifico, in grado di strappare l’amato/a dalle grinfie della morte come narrano molti racconti: “il bacio del vero amore” non si basa più soltanto su un’idea romantica, bensì su un concetto metafisico di cui parlavano gli antichi saggi.

Nel bacio vi è quindi un dono profondamente sacro: il soffio che si scambia, che si offre, che si dà all’essere amato è in grado di salvare, curare, proteggere, vivificare, rianimare. In quel respiro d’amore vi è un frammento di vita che scivola dolcemente sulle labbra e arriva fino al cuore per renderlo testimone dell’unione di due anime.

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Il bacio famelico che toglie il respiro

Se il bacio è ritenuto un gesto d’affetto non mancano tuttavia i racconti di baci velenosi tra i quali il più conosciuto è forse quello narrato dagli evangelisti che videro nel bacio di Giuda il segno della condanna a morte di Gesù, dato, secondo la storia riportata, per la brama di denaro.

Questo tipo di bacio mostra come un tale atto privato del suo significato originario può portare alla distruzione: quando è mosso non più dall’amore ma dalla tentazione, non vi è più scambio ma possesso. Simbolicamente parlando, la brama prende il posto dell’amore e consuma invece di nutrire. L’equilibrio tra il dare e ricevere si rompe in favore di un prendere incessantemente fino a togliere l’ultimo respiro.

https://www.eticamente.net/69046/il-significato-simbolico-del-bacio-e-legato-allorigine-della-vita.html 

 

venerdì 29 gennaio 2021

Il Lato Oscuro delle Persone Empatiche


Gli Empatici sono in genere conosciuti come i Guaritori del mondo.

Compassione: i benefici dell'allenarsi alla gentilezza e all'empatia

Sono le persone i cui sensi sono intensificati e amplificati, sono degli individui che non solo vedono e sentono le diverse energie del mondo, ma che in realtà le sperimentano su loro stessi.

Coloro che non sono empatici, potrebbero pensare che questa capacità di sentire ciò che gli altri provano sia un dono, ma se si riesce a convincere un empatico a parlarci del “suo dono”, potrebbe confidarci che non è sempre un cielo stellato. Anche se è consapevole di avere una qualità importante, potrebbe confessarti che è un peso, molte volte quasi insostenibile.

Molte persone si affidano a loro per avere supporto e comprensione. Gli empatici, infatti, conquistano quasi sempre la fiducia degli altri, perché fanno sì che le persone si sentano al sicuro. E mentre l’empatico è in grado di gestire le emozioni degli altri, allo stesso tempo le sperimenta su di sè e tutto questo, può portare a stress e crolli emotivi.

 

Il lato oscuro di un essere empatico si presenta sotto forma di due voci contrastanti, che gli parlano quasi costantemente dentro la sua testa. Egli può costantemente sentire sia il bene che il male, il negativo e il positivo, al punto di esserne sopraffatto, nel caso in cui non sia in equilibrio e ben schermato da ciò che attira.

Gli empatici, quindi, sono più sensibili alle energie negative della vita. La loro intensa capacità di sentire non può allontanarsi dai mali profondi che esistono nel mondo. La loro profonda comprensione di quello che esiste e opera nel mondo, è sufficiente per confonderli e rattristarli. Per questo molto spesso, tendono ad essere malinconici; l’emozione che li domina, infatti, è la tristezza.

Il lato oscuro di un individuo empatico, è quindi quello di essere costantemente esausto ed affaticato dalle energie che vengono assorbite. Nonostante ciò, è capace di osservare in silenzio, riconoscere e sentire.

Essere empatici è un dono meraviglioso, ma ha un costo enorme a livello emotivo - GuardaCheVideo.it

Gli empatici vogliono essere amati così come tutte le altre persone, ed accettati per quello che sono. Ma, è la loro generosità e gentilezza che li porta spesso, ad essere sfruttati da parte di coloro che vogliono solo prendere e mai dare. Gli empatici sono “donatori” e “ricettori”, essi sono pronti a mostrare gentilezza a chi ne ha più bisogno in ogni momento.

Il lato oscuro degli empatici comprende anche il fatto di mettersi in secondo piano per il bene degli altri. Un abbandono che egli costruisce nel corso degli anni, fino ad arrivare alla conseguente necessità di andare alla ricerca della propria anima, un bisogno che si presenta sovente nel momento in cui ci si sente completamente persi. Per questo motivo, la persona empatica, tiene spesso una piccola parte di se stessa al riparo dal resto del mondo, mantenendo una sorta di barriera difensiva per necessità.

Il lato oscuro di essere un empatico è in sintesi la guerra che egli vive da sempre dentro di sé, la guerra che intraprende contro la tristezza e il buio, emozioni negative che cercano di trascinarlo all’auto-distruzione. L’unico modo per combattere tutto questo è saper distinguere tra emozioni autentiche ed energie emotive false, che lo invadono dall’esterno.

Gli empatici hanno bisogno di persone che possano comprendere chi sono e cosa vivono. Essi devono essere in grado di abbassare il muro che hanno costruito intorno a loro, ed imparare ad esprimere i sentimenti che provano, in modo che questa preziosa dote possa fare del bene anche a loro stessi. In caso contrario, gli empatici sono destinati a combattere una guerra dentro loro stessi, che non finirà mai.

giovedì 28 gennaio 2021

Il Re del Mondo


Regna in un luogo chiamato Shambala o Agharti, mantiene l'equilibrio tra il Bene e il Male sulla Terra, e mette gli esseri umani di fronte a se stessi


La figura del Re del Mondo, chiamata anche con altri nomi, si trova in molte tradizioni religiose e spirituali, dall’antichità ai giorni nostri. Egli sarebbe il sovrano di Shambala o Shangri La o Agharti, un luogo popolato da esseri molto evoluti che vivono in pace e armonia, con un sistema di vita spirituale a cui anche gli esseri umani possono arrivare. Il Re del Mondo ha la funzione di governare sul nostro mondo, facendo sì che non prevalgano mai le forze del male assoluto, ma nemmeno quelle del bene assoluto. E’ quindi il reggente delle sorti dell’umanità e mantiene l’equilibrio tra bene e male. Il suo compito è anche quello di mettere alla prova qualunque essere umano compia un percorso di evoluzione spirituale.

https://petalidiloto.com/2021/01/il-re-del-mondo/

 

mercoledì 27 gennaio 2021

La Crisi Fa Emergere Una Forza Che Non Pensavamo Di Avere

La crisi non è da allontanare ma da attraversare. E’ l’unico modo per sciogliere nodi, prendere decisioni, avviare cambiamenti.

E’ arrivato il momento di spogliarci da tutti i pregiudizi legati alla crisi: non è una sfortuna, una disgrazia fine a se stessa o un fallimento. Ma un’occasione di crescita, di arricchimento, di conoscenza di sé.

La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
(Albert Einstein)

Attribuire colpe a se stessi o ad altri per aver fatto nascere una crisi è solo un modo per fuggire dai significati che ogni crisi porta con sé e che vuole portarci. Ciò che siamo chiamati a fare dinnanzi al dolore, al disorientamento e alla confusione è aprire finalmente i nostri occhi interiori. Per poterci scorgere l’occasione di cambiamento.

Non è facile destarci dalla nostra vita di sempre e cambiare prospettiva e modo di pensiero, ma la crisi giunge proprio per aiutarci in questo. Se riusciamo ad abbandonare scuse, pregiudizi, paure e difese siamo in grado di scorgere la via indicata dalla crisi stessa.

In una congiuntura negativa bisogna affidarsi alla creatività: fare della crisi un’opportunità per reinventarsi. Un’altra dote indispensabile è l’ubiquità: essere flessibili, non vincolati a vecchi schemi e a un’immagine rigida della propria persona.
(Jacques Attali)

Nel dolore, nella frantumazione delle nostre certezze e nella confusione che ogni crisi porta con sé possiamo assistere a due tipi di risposte: possiamo farci annientare dagli eventi oppure cavalcarli come un surfista con le onde. Nel primo caso diventiamo servitori delle nostre paure. Se invece decidiamo di sfruttare il maremoto che c’è dentro di noi emerge una forza interiore che non pensavamo di avere.

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E’ una forza speciale che nasce solo nei momenti di forte crisi. E’ la nostra ricompensa al dolore che abbiamo scelto di vivere in modo costruttivo e non distruttivo. E’ un’energia così potente da renderci particolarmente vitali, svegli, determinati.

I momenti di crisi raddoppiano la vitalità negli uomini. O forse, più in soldoni: gli uomini cominciano a vivere appieno solo quando si trovano con le spalle al muro.
(Paul Auster)

Affrontare la crisi in questo modo vuol dire risvegliare il proprio intuito, avere fiducia nella vita, affidarsi alla creatività, credere che tutto è il dettato di un maestro divino.

Si comprende così che la crisi porta sempre con sé una ventata di aria nuova, invita a tagliare i rami ormai secchi, conduce a lasciar andare ciò che non ha più senso che resti. E’ il passo fondamentale che precede ogni cambiamento.

Sappiamo che l’inverno precede la primavera e che un bambino per poter iniziare a camminare dovrà specializzarsi nella caduta, ma non abbiamo bene in mente che la crisi è un momento indispensabile alla costruzione di un nuovo equilibro. Non è distruzione: è l’inizio di una nuova costruzione. Che può avvenire solo grazie ad una forza primordiale e generatrice, proprio come quella che sperimenta il neonato quando nasce: non sa a cosa va incontro ma sente che deve seguire quel richiamo di vita e si affida con tutto se stesso al suo intuito. La stessa forza che trova sua madre nel farlo nascere: non potrebbe sopportare un dolore fisico così grande in un momento di stasi.

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La crisi ci risveglia, ci mette in moto, ci chiama a sé per mostrarci i nostri tesori interiori.

Non consideriamola più una seccatura.

E’ il nostro fuoco interiore che vuole emergere!

Elena Bernabè

https://www.eticamente.net/69034/la-crisi-fa-emergere-una-forza-che-non-pensavamo-di-avere.html

 

martedì 26 gennaio 2021

PERCHE’ DIFENDIAMO GLI ANIMALI

di Franco Libero Manco

difendiamo gli animali

perché vittime innocenti ed indifese cui è negato non solo il diritto alla libertà e all’esistenza ma la stessa capacità di soffrire e di avere sentimenti;

perché vengono loro negati i diritti naturali a non essere imprigionati, sfruttati e schiavizzati, torturati come fossero oggetti senz’anima;

perché sono esseri come noi di forma diversa; perché il dolore e la sofferenza sono realtà universali; perché come noi amano la vita ed hanno paura della morte;

perché non possiamo consentire sia fatto agli animali ciò che non vorremmo fosse fatto a noi umani;

perché l’indifferenza verso la sofferenza e l’angoscia degli animali rende l’uomo peggiore sul piano morale, civile e spirituale;

perché sono la stragrande maggioranza dei  viventi;

perché sono nostri compagni di viaggio: non si possono tutelare gli interessi di alcuni componenti e sterminare il resto della famiglia;

perché un’ingiustizia non è più o meno grave a seconda della vittima;

perché l’evoluzione etica, morale, civile e spirituale deve necessariamente ampliarsi a tutti i viventi e includere masse sempre più vaste della famiglia dei viventi;

perché è giusto, doveroso; un imperativo  morale difendere i più deboli;

perché non è lecito interferire nella vita delle altre specie, come noi non vorremmo che un’altra specie interferisse nella nostra vita;

perché gli animali hanno contribuito col loro dolore, il loro sangue e la loro vita al benessere dell’uomo e quindi l’uomo ha il dovere di  tutelarli ed essergli grato;

perché tutelando gli animali l’uomo tutela  se stesso e l’ambiente naturale;

perché il rispetto per gli animali rende l’uomo migliore sul piano civile, morale e spirituale;

perché non possiamo invocare la pace, la giustizia e la libertà se quotidianamente con le nostre scelte egoistiche neghiamo la libertà e la vita agli animali;

perché se l’uomo fosse educato alla valorizzazione del diverso e al rispetto del piccolo non potrebbe che essere positivamente incline anche al rispetto e del suo simile;

perché smettendo di sfruttare gli animali e mangiare la loro carne l’uomo tutela se stesso dalle malattie, dalla violenza anche tra gli esseri umani, dalla fame nel mondo, dalla distruzione delle foreste, dall’inquinamento dell’ambiente, dallo sperpero di risorse naturali;

perché il disprezzo della vita e del dolore dell’animale inclina l’uomo all’insensibilità verso la condizione del prossimo e perché lo specismo apre la strada al razzismo, al sessismo…

perché, a differenza dell’uomo, l’animale è sempre innocente;

perché se fossi nato animale vorrei essere salvato dalla violenza dell’uomo;

perché

http://associazionevegananimalista.it/2021/01/25/perche-difendiamo-gli-animali-2/

 

lunedì 25 gennaio 2021

Potenziale quantico ed intelligenza biologica


Ci sono due principi della fisica quantistica: il principio della indeterminazione di Heisenberg e la funzione d'onda come è rappresentata nella equazione di Schrödinger

Il principio della indeterminazione afferma sostanzialmente che non è possibile determinare la traiettoria di una particella elementare come l'elettrone dal momento che non è possibile conoscere simultaneamente a ogni istante la sua posizione e la sua velocità. 

La traiettoria di un elettrone può essere predetta solo con tecniche probabilistiche e non meccaniche
L'altro termine fondamentale è la funzione d'onda rappresentata dell'equazione di Schrödinger considerata l'equazione fondamentale della meccanica quantistica

La funzione d'onda può essere usata per calcolare la probabilità di trovare una particella in un determinato punto dello spazio ...


È noto che la fisica quantistica introduce una relazione tra osservatore e osservato assolutamente sconosciuta alla fisica classica. 

L’oggetto fondamentale in meccanica quantistica infatti, non è più la particella newtoniana, pensata come un oggetto con proprietà oggettive e definite, ma la funzione d’onda, che fornisce la probabilità di un evento. 

Da qui deriva un irriducibile carattere di indeterminismo fissato dal famoso principio di Heisenberg ...

Non tutti fisici sono d’accordo con questa interpretazione probabilistica perché la funzione d'onda non può fornire una descrizione completa possibile della realtà nella quale troviamo delle caratteristiche ben definiti della materia.
Occorre quindi risolvere questo problema e reintrodurre il determinismo in qualche maniera, in modo che si adatti anche al mondo infinitamente piccolo. 
Per questo motivo sono stati proposti delle teorie alternative alla meccanica quantistica. 

Una di queste è stata formulata da de Broglie e si basa sull'assunzione dell'esistenza di un'onda reale (onda pilota) associata a ciascun corpuscolo. 

Anche David Bohm basandosi sul concetto di "onda pilota" di Louis De Broglie ha riformulato completamente l'equazione di Schrödinger raggiungendo un parametro cruciale definito "potenziale quantico" con il quale riusciva a trasformare la meccanica quantistica da teoria probabilistica in teoria deterministica. 

Usando le parole di Bohm, "I concetti quantici implicano che il mondo agisce come una unità indivisibile, in cui anche la natura intrinseca di ciascuna parte dipende in un certo grado dalla sua relazione con ciò che la circonda". 

In tal modo l'elettrone non si esplica casualmente ma si muove sotto l'azione del potenziale quantico il quale portando informazione dall'ambiente globale e fornendo connessioni non-locali e istantanee tra sistemi quantistici, lo guida in una traiettoria ben precisa e potenzialmente determinabile.


Secondo la meccanica quantistica ogni sistema possiede una carica magnetica con caratteristiche opposte in punti differenti. 

Una parte della molecola avrà una piccola carica magnetica positiva e l’altra parte una piccola carica magnetica negativa. Questa disposizione delle cariche forma il sistema bipolare

La misura della forza bipolare, chiamata momento bipolare, dipende dalla forza delle cariche, la distanza fra loro e dalla loro disposizione. 
La disposizione delle molecole nel sistema e il loro momento bipolare, dipende dalla forza magnetica in quella localizzazione specifica nel sistema. Lo stato magnetico della sovrapposizione corrisponde allo stato quantistico.

La base per capire la distribuzione della polarità in ogni sistema bipolare risiede nella struttura trinitaria del polo.

Secondo “il Modello Energetico Universale” ogni polo è costituito da sei vortici ognuno dei quali è chiamato "Quarcone". Ognuno di questi quarconi può essere positivo come il vortice del tornado o negativo come il vortice dell'acqua. 
In ogni polo ci sono otto possibilità di combinazione fra i vortici che possono essere tutte e tre positivi, due positivi e uno negativo e così via.
In entrambi i poli esistono quindi 8x8=64 possibilità di combinazione. Ognuna di questa
combinazione viene presentata con sei segni ognuna delle quali può essere o positiva o negativa.

Queste 64 combinazioni sono considerate come il codice universale che dirige tutto l'universo. 

Ogni combinazione viene considerata come uno stato quantico che dispone di una sua specifica frequenza energetica. Il gruppo di sei quarconi nel suo insieme ha uno stato energetico, un momento bipolare ed una vibrazione definita che corrisponde allo stato quantico.

Il Codice universale è applicabile a tutti i sistemi esistenti nel nostro mondo, dal micro al macro, dalla fisica quantistica (64 stati quantici) alla biologia (differenziazione cellulare), dalla genetica (codice genetico composto di 64 codoni) alla filosofia (I Ching cinese con i suoi 64 esagrammi).
(Per approfondire: Dal codice universale al codice umano - Dott. Nader Butto)

Secondo il mio parere, il Codice Universale aggiunge un parametro cruciale al "potenziale quantico" e trasforma la meccanica quantistica da teoria probabilistica in teoria deterministica. 

Il potenziale quantico quindi determina lo stato quantico della particella la sua funzione e il suo comportamento. Nella meccanica quantistica, uno stato quantico rappresenta una possibile configurazione di una particella microscopica o di un atomo. 

Secondo la meccanica ondulatoria, uno stato quantico è rappresentato da una particolare funzione complessa detta funzione d'onda, o potenziale quantico, e questa funzione riassume tutte le informazioni circa uno stato quantistico di una particella.

La disposizione dei 64 diversi stati quantici agiscono sul mondo materiale per apparire nella sua grande diversità. Questo sistema ci spiega chiaramente il motivo della differenziazione cellulare che avviene a livello embrionale. Infatti l'uovo fecondato comincia a moltiplicare e tutte le cellule dispongono lo stesso codice genetico.

Quando arriva alla fase chiamata morula, costituita da 64 
cellule, comincia un processo di differenziazione cellulare in maniera tale che l'ordine implicito nello stato magnetico si manifesta come ordine esplicito a livello cellulare.

Lo stesso sistema è applicato all'uomo in maniera tale che ogni zona del corpo è sottoposta ad una dei 64 stati magnetici, ognuna di queste zone è bipolare di conseguenza dispone 64 diversi zone dentro le quale ci sono altri 64 per formare una sistema olografica frattali. Ogni persona quindi dispone di un momento bipolare particolare, con una frequenza specifica che corrisponde ad uno stato quantistico. 

Questo è il codice del campo magnetico che dirige la struttura fisica del corpo e guida le sue funzione fisiologiche.

Il parallelismo fra materia e anti-materia, accettato dalla fisica moderna, ci permette di
comprendere più facilmente che l’anima non è altro che l’antimateria del corpo fisico, l’ordine implicito che dirige e controlla la struttura fisica del corpo e le sue funzioni fisiologiche. 
Seguendo la legge della Trinità Universale, l’anima è divisa in tre parti: l’anima animale, l’anima umana e lo spirito guida. Capiamo allora la radice della diversità fra la medicina convenzionale e le discipline terapeutiche alternative e psicologiche. 
Infatti ogni disciplina ha preso in considerazione una sola realtà dell’essenza umana.

Nader Butto nato a Nazareth (Israele), si è laureato in medicina a Torino nel 1983, si è specializzato in cardiologia in Israele. Dal 1995 ha seguito per dieci mesi in Francia uno stage di cardiologia invasiva, in particolare cardiologia angioplastica coronaria; nei due mesi successivi ha frequentato a Milano il centro Columbus per completare la sua preparazione nella ultrasuoni intracoronarica. Nel 1998 è stato a Phoenix (Arizona, U.S.A.) per la specializzazione in angioplastica carotidea. Attualmente lavora nel reparto di cardiologia al Centro Medico Rabin a Petah Tikva (Israele) come cardiologo specialista in angioplastica coronaria.
Attraverso una lunga ricerca dell’anima umana ha sviluppato un suo personale metodo, “Dynamic Energy” che integra medicina convenzionale con delle discipline millenarie orientali basate sul modello energetico ed aggiunge l’aspetto psicologico come radice delle alterazioni patologiche fisiche. Su questo argomento tiene conferenze e seminari in Spagna, Germania, Italia, Israele.

 

sabato 23 gennaio 2021

Non Viviamo I Nostri Sogni Perché Siamo Troppo Impegnati A Vivere le Nostre Paure



Ci sono due forze motrici fondamentali: la paura e l’amore. Quando abbiamo paura, ci ritraiamo indietro dalla vita. Quando siamo innamorati, ci apriamo a tutto ciò che la vita ha da offrire con passione, entusiasmo, e l’accettazione.
(John Lennon)

La paura mette a tacere i nostri desideri, i nostri sogni, la voglia di realizzare progetti e di concretizzare idee. Cancella la nostra creatività facendola passare per non importante, non necessaria, superficiale.

Ecco perchè i sogni non si realizzano: perchè abbiamo dato troppo spazio nella nostra vita alla paura. E invece di metterci in ascolto del messaggio che è giunta a portarci abbiamo dato ad essa le redini della nostra esistenza. Siamo divenuti suoi servitori.

Così dinnanzi ad un possibile cambiamento spesso fuggiamo. Per una montagna di paure. E rimaniamo immobili, sterili, ritratti dalla vita. Preferiamo rimanere in qualcosa che già conosciamo invece di tuffarci nel nuovo che ci attende.

La nostra paura del peggio è più forte del nostro desiderio del meglio.
(Elio Vittorini)

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I sogni richiedono coraggio, cambiamento, conoscenza interiore, consapevolezza. La paura è priva di tutto ciò e ci obbliga a rinchiuderci a riccio dinnanzi a qualsiasi movimento interiore o esteriore. A costruire mura di difesa, a giudicare, a girarci dall’altra parte.

Se solo riuscissimo ad aprirci alle nostre paure, a dialogarci, ad accoglierle nelle nostre giornate, a dipingerle, a danzarci insieme e ad ascoltarle con la nostra anima riusciremo a comprendere il messaggio che nascondono. La paura non è un mostro da annientare, da far fuggire, da allontanare ma un messaggero divino da guardare negli occhi. Ci fa vedere, secondo i suoi modi più o meno spietati, la via da seguire.

La paura è l’emozione più difficile da gestire. Il dolore si piange, la rabbia si urla, ma la paura si aggrappa silenziosamente al cuore.
(Gregory David Roberts)

La paura ha bisogno solo di attenzione. Quell’attenzione che facciamo fatica a far vivere in noi.

Cosa fare quando si ha paura?

Quando sentiamo di aver paura (tralasciando la paura che sorge per un reale pericolo imminente), la prima cosa da fare è di renderci consapevoli di questa condizione. Dirsi “sto provando paura” è un piccolo passo verso la conoscenza di se stessi. Con questa preziosa frase ci allontaniamo da questo stato d’animo, non gli permettiamo di prendere le redini della nostra vita, non ci facciamo trascinare nella disperazione.

Non è facile dare un nome a ciò che proviamo eppure è la via verso la cura di noi stessi. Basta esercitarsi quotidianamente e pian piano ci renderemo conto che è un modo per ritornare al centro della nostra interiorità, di rimanere nel presente, di afferrare il comando della nostra vita.

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Successivamente a questa presa di consapevolezza possiamo instaurare un dialogo con la nostra paura, chiederle (proprio come fosse uno spirito, un animale di potere, un personaggio dell’antichità) il perché della sua presenza. Se poniamo questa domanda poco prima di dormire possiamo anche ricevere una risposta in sogno.

Non devo avere paura. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi. E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso. Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla. Soltanto io ci sarò.
(Dal film Dune)

Se la risposta proprio non riusciamo a sentirla possiamo mettere in atto la nostra creatività e connettersi ad essa tramite un dipinto, la scrittura, la danza, un canto. E’ un modo di collegarci alla parte più intuitiva di noi stessi. Con pazienza, fiducia e attenta vigilanza ci arriveranno intuizioni, idee, ricordi e pensieri in grado di farci intravedere la via da percorrere.

Si può anche decidere di condividere le proprie paure con altre persone ma in questo caso è doveroso scegliere con cura i nostri confidenti.

Non guardarmi soltanto quando sogno. Quando sorrido. Quando apro finestre nel cielo e guardo cosa c’è oltre.
Guardami mentre inciampo e cado. Quando combatto e sbaglio. Guardami quando ho paura. Quando il buio sta per arrivare.
Allora sì, potrai dire chi sono.
(Fabrizio Caramagna)

La first lady statunitense Eleanor Roosevelt scrisse: “Fai almeno una volta al giorno una cosa che ti spaventi”, perché la paura è nostra alleata nella conoscenza interiore, ci arricchisce, ci mette alla prova, ci desta dalle nostre abitudini e dalla nostra immobilità. Se decidiamo di considerarla come tale e non come un tiranno da sottomettersi.

D’ora in poi cerchiamo di vedere la paura per quello che è: un messaggero divino venuto a svegliarci e a mostrarci ricchezze immense che siamo chiamati a conquistare con coraggio e determinazione. Lasciamo andare il nostro ruolo di vittima: diveniamo eroi della nostra verità interiore!

Elena Bernabè

https://www.eticamente.net/68993/non-viviamo-i-nostri-sogni-perche-preferiamo-vivere-le-nostre-paure.html 

 

venerdì 22 gennaio 2021

Mai nato...mai morto..


9 Gennaio 1990
Mai nato...mai morto...ho solo visitato questo pianeta terra.
La morte è il trasferimento dell’anima da un corpo all’altro oppure, nel caso di un uomo che è totalmente consapevole, da un corpo all’intero universo. Il viaggio è grandioso ma non puoi conoscerlo dal di fuori. Dall’esterno puoi vedere solo dei sintomi, ma proprio questi hanno reso l’uomo pauroso.
Coloro che conoscono la morte dall’interno, hanno perso tutte le paure della morte.
Se comprendi, se vedi, se senti e fai esperienza di non essere separato dall’esistenza ma di essere un tutt’uno con essa, tutte le paure della morte scompariranno e non ci sarà nessuno a morire dentro di te, non c’è proprio nessuno ma è l’esistenza che vive attraverso te.
- Osho -

http://divinetools-raja.blogspot.it La Via del Ritorno... a Casa

 

giovedì 21 gennaio 2021

Storie Zen -- Lava la ciotola





Un novizio appena entrato in un monastero Zen, era tutto compreso del suo nuovo destino e continuava a fare domande per seguire al meglio la disciplina.

Giunse anche dinanzi al maestro e gli chiese: "Sono appena entrato nel monastero e vorrei giungere quanto prima alla liberazione. Cosa devo fare?".

Il maestro allora gli chiese se quel giorno aveva pranzato. "Sì", rispose il novizio, attendendo una grande rivelazione. "Bene -fece il maestro- allora lava la ciotola!".

***
Mia riflessione:
Il cammino per la liberazione non ha bisogno di gesti eclatanti, ma di riempire i gesti quotidiani, anche quelli più semplici e umili, del loro vero significato.
Il novizio si attendeva chissà quale rivelazione, mentre le regole da seguire per raggiungere la liberazione sono veramente poche e semplici.
C'è anche chi attende continuamente i miracoli, ovvero fatti soprannaturali, apparizioni, profezie, ecc. per credere al divino, mentre non si accorge dei veri miracoli che continuamente avvengono attorno a sè.

Il vero miracolo non è volare in aria o camminare sulle acque, ma camminare sulla terra! 😉



 

mercoledì 20 gennaio 2021

OSHO: ZEN




 
Il grande compito dello Zen è di farti uscire dalla prigione della mente. Non è una filosofia intellettuale, anzi non è per nulla una filosofia; e neppure una religione, perché non comprende né finzioni né bugie, e nessun tipo di consolazione. È il ruggito di un leone. La cosa più straordinaria che lo Zen abbia introdotto nel mondo è la libertà da se stessi. 

Tu hai sentito parlare di altre libertà, ma la libertà da se stessi è la libertà suprema: non-essere, e permettere che l’esistenza si esprima in tutta la sua spontaneità e il suo splendore. Ma è l’esistenza, …non sei tu e non sono io. È la vita stessa che danza, non sei tu e non sono io. Quando vai oltre la mente, persino l’idea di un ‘Io’ scompare. Quando anche l’Io scompare e inizi a sentirti profondamente coinvolto nell’esistenza, senza alcun limite, solo allora lo Zen è arrivato a fiorire dentro di te. 

Quello è lo stato, lo spazio, della consapevolezza risvegliata. Ma al centro non ha nessun "Io", né un "atman", né un sé. Per chiarirtelo meglio… Socrate dice: “Conosci te stesso”. Gautama il Buddha dice: “Conosci; conosci soltanto, e non troverai alcun te stesso”. Vai in profondità nella tua consapevolezza, e più vai in profondità, più il tuo sé inizia a sciogliersi. 

Questa è forse la ragione per cui nessuna religione, tranne lo Zen, ha praticato la meditazione, perché la meditazione distrugge dio, distrugge l’ego, distrugge il sé. Ti lascia in un vuoto assoluto. È solo la mente che ti fa temere il vuoto assoluto… Puoi sperimentare tutto questo solo lasciandoti cadere sempre più in profondità, oltre la mente, fino ad arrivare alla parte più profonda del tuo essere, fino ad arrivare proprio alla fonte da dove la tua vita ha iniziato a fluire. 

Improvvisamente comprendi che l’immagine che avevi di te stesso era arbitraria: tu non hai forma, sei infinito. Vivevi in una gabbia, ma appena comprendi che le tue risorse sono infinite, di colpo la gabbia svanisce e puoi spiegare le ali nel cielo azzurro e scomparire. Questa è la libertà da se stessi. Ma non ci si può arrivare usando l’intelletto, è possibile solo attraverso la meditazione. Lo Zen è un altro nome per meditazione… 

Quando conosci la meditazione, non devi essere il seguace di nessuno. I tuoi occhi sono aperti, e davanti a te puoi vedere la luce che ti mostra il cammino, e tutto ciò che è giusto e tutto ciò che è buono accade senza dover fare alcuna scelta. Non sei tu a deciderlo… è solo che non puoi fare altrimenti.

Osho

 

martedì 19 gennaio 2021

A scuola dalla sensei Bodhihanna


Una guerriera dei nostri tempi
nell’arte del Tiro con l’Arco Zen

di Terry Hodgkinson

 
 
Da un articolo apparso su Osho Times n 218
 
 
 
Ho sempre avuto interesse per il Tiro con l’Arco Zen. Avendo un trascorso di arti marziali tradizionali, ho sempre pensato che ci potessero essere delle affinità e ho letto molti articoli relativi alla sua tradizione, ma non avevo mai avuto l’opportunità di prendere qualche lezione, fino a un paio di anni fa, quando all’Osho International Meditation Resort di Pune, seppi che si offrivano lezioni di Arco Zen in Buddha Grove.
Non vedevo l’ora di partecipare!
L’insegnante e il metodo
La nostra insegnante, Bodhihanna, era un’anziana donna tedesca. Il suo modo di insegnare è calmo, metodico e severo. Non esita un attimo a dirti senza peli sulla lingua se stai facendo qualcosa di sbagliato.
Ho subito pensato che il suo metodo di insegnamento potesse ispirarsi a quello dei sensei giapponesi da cui ha imparato nei templi in Giappone.
Tuttavia in un secondo tempo ho scoperto che non era così. Mi ha detto lei stessa, infatti, che lo stile didattico nei templi in Giappone è molto rigoroso e per niente aperto alla discussione. Il sensei ti mostra una sola volta come fare – spesso senza alcuna spiegazione verbale – dopo di che si aspetta che impari, esercitandoti finché non ci riesci. Puoi mostrare al sensei ciò che sai fare e se non va bene, lui se ne va semplicemente, il che sta a indicare che devi continuare a esercitarti. Porre delle domande al sensei non è concesso: da te ci si aspetta semplicemente che impari dal­la sua dimostrazione.
Bodhihanna mi ha anche accennato al fatto che i sensei sono un po’ più severi con le donne che con gli uomini. Conoscendo qualcosa della cultura giapponese, in cui una grossa parte della popolazione è ancora abbastanza maschilista, la sua affermazione non mi sorprese. Lo fece però quello che mi disse subito dopo.

Una grande donna arciere
Nelle graduatorie del Tiro con l’Arco Zen di tutto il Giappone, la posizione più alta, al momento della nostra chiacchierata, era detenuta da una donna: e non solo una donna, ma dell’età di ben novantasei anni! Non solo, nelle gare in Giappone, per guadagnarsi quell’onore e quel titolo, aveva battuto un folto numero di virtuosi dell’arco, tutti maschi. Quando ho iniziato a scrivere questo articolo, lo scorso settembre, ho chiesto a Bodhihanna notizie più recenti della vecchia signora e lei mi ha risposto con un’email: “Questa grande signora del Tiro con l’Arco ora ha novantotto anni e pratica ancora. Per come la vedo io l’età non conta e lei rappresenta una grande fonte di ispirazione per me! In altre parole, vuol dire che sono ancora giovane e questo mi fa sentire molto bene!”.
Imparare i rudimenti
Ogni mattina, quando la lezione stava per iniziare, vedevo Bodhihanna e i suoi allievi assistenti allestire i grandi specchi girevoli usati per aiutare lo studente a controllare la propria “forma” e postura.
Si toglie la copertura al centro dei bersagli, che comunque sono destinati solo agli studenti avanzati. I principianti si esercitano, infatti, con un pezzo di legno che ha un elastico attaccato alle estremità per fare pratica e imparare i rudimenti. Dopo aver praticato a sufficienza si è promossi al vero arco!
I dettagli dell’insegnamento consistono in: come stare in piedi, l’inizio, la fermata, il passo, il sollevamento, la posizione dei piedi e delle spalle, il movimento e la posizione della testa, la mano sull’arco, la posizione del go­mito e infine la corretta respirazione.

Il vero Arco Zen
Non vedevo l’ora di maneggiare un arco vero, ma non avevo la più pallida idea nemmeno di come “incordarlo” correttamente. Poco male: c’è una tecnica anche per quello. Diciamo solo che mi ci sono voluti alcuni tentativi sotto lo sguardo vigile di Bodhihanna. Dopo aver incordato l’arco, è arrivato il momento della corretta postura in piedi e dell’impugnatura dell’arco nella posizione di inizio. Passo successivo: muoversi. Seguendo le istruzioni di Bodhihanna alla lettera, mi sono mosso mentre lei mi ricordava come impugnare l’arco prima di muovermi e poi di come deve essere tenuto mentre ci si muove. Ho concluso il mio movimento e mi ha ricordato di come l’arco deve essere posizionato quando ci si ferma. Mantenere la consapevolezza di tutti questi particolari è senz’altro una meditazione! O, come mi ha fatto notare lei una volta mentre chiacchieravamo: “Quando pratichi ininterrottamente, l’Arco Zen ti porta a un’altra sponda della consapevolezza”.
Lo spirito del guerriero
Bodhihanna ha un modo preciso di insegnare – non si lascia distrarre né mettere fretta da nessuno: comunque devi prima padroneggiare i rudimenti che insegna! – che ritengo incarni lo spirito del guerriero Zen.
A questo proposito Bodhihanna ha detto: “Un guerriero non è solo una persona che va a combattere per sconfiggere i suoi avversari. Un guerriero può non essere affatto ciò che si crede, e a dirti la verità, è diverso dalla percezione che ha la maggior parte della gente. Un guerriero, uomo o donna, è gentile e guarda dentro di sé per essere vero. Quando questo accade e il guerriero è “uno” con la verità, i movimenti provengono dal suo essere interiore piuttosto che dalle sue azioni esterne. In altre parole, il guerriero non agisce dallo spazio della mente, ma si muove in armonia con l’essenza, la verità, del suo stesso essere, e pertanto rimane centrato nel momento presente. Quindi la freccia lascia l’arco spinta dalla potenza della verità stessa. Il guerriero ha sentimenti ed emozioni, ma non consente loro di annebbiare o ostruire la sua vista del bersaglio. Questo è il gioco dello Zen, il gioco della disciplina giocosa e della conoscenza di sé. Quando conosci il tuo vero sé e sei in armonia con esso, raggiungi un’altra sponda della consapevolezza. Lì conosci la libertà assoluta!”.

Figlia della Germania nazista, Bodhihanna ricorda...
Un giorno, a pranzo, Bodhihanna mi ha parlato di cosa ha voluto dire per lei crescere nella Germania nazista. Mi ha parlato della sua famiglia e di come suo padre, che faceva il medico, non avesse la benché minima simpatia per Hitler e i suoi malvagi squadroni delle SS. Naturalmente questa avversione doveva rimanere segreta, perché ogni genere di opposizione, a quel tempo, poteva sfociare facilmente nell’uccisione dei dissidenti o, nel più roseo dei casi, nella separazione dai familiari e il successivo trasferimento nei campi di lavoro.
Un giorno a scuola, alcuni ufficiali arrivarono per informare le studentesse che Hitler stava per dare avvio a un programma speciale che richiedeva la collaborazione di ragazze tedesche che si riproducessero con giovani tedeschi per accrescere e migliorare la razza ariana. Laddove molte delle compagne di scuola erano entusiaste di poter dare il loro contributo allo stato, la giovane Bodhihanna non fu minimamente interessata. I futuri neonati sarebbero diventati proprietà del governo nazista e sarebbero stati allevati ed educati secondo il volere dello stato, senza alcun
contatto con i genitori biologici. Bodhihanna mi disse di essere rimasta estremamente disgustata da tutta quella faccenda!
Con l’intensificarsi del conflitto mondiale, Bodhihanna mi disse che non sapeva mai se sarebbe vissuta fino al giorno successivo. Quando gli aerei alleati bombardavano la sua città, quasi ogni notte per mesi e mesi, non c’era modo di sapere in anticipo quale zona sarebbe stata colpita. Succedeva spesso che una bomba cadesse nel suo quartiere o addirittura lungo la stessa via dove abitava lei. E spesso, una volta cessati i bombardamenti, arrivava notizia delle famiglie che non erano sopravvissute al bombardamento durante la notte. Quando la guerra finalmente finì e Hitler fu sconfitto, Bodhihanna mi descrisse gli stenti di vivere in una Germania devastata dalla guerra. Le infrastrutture della sua città erano state completamente distrutte. Per un lungo periodo non ci fu né acqua corrente né elettricità né condizioni sanitarie decenti né cibo a sufficienza. Imparò molto presto nella vita a vivere con molto poco. Se da un lato la sua famiglia se l’era cavata durante quegli anni difficili, dall’altro non era facile, a quel punto, vivere con lo stigma di essere tedeschi. Sembrava che il mondo intero provasse disprezzo nei loro confronti. Ciò che era ancora più difficile da sopportare era che la sua famiglia non era mai stata d’accordo con il sistema di valori e credenze imposto da Hitler e questo valeva anche per molti altri tedeschi che erano semplicemente rimasti intrappolati nel sogno di un pazzo... o meglio, nel suo incubo.
Oltre lo stigma
Bodhihanna mi ha raccontato di un’esperienza vissuta quando arrivò all’ashram di Osho per la prima volta, molti anni fa, quando Osho era ancora nel corpo. Assisté a Osho che dava darshan, cioè trasmissioni di energia, a chiunque fosse disposto a riceverli. Fu sbalordita nel vedere questa trasmissione di energia e gli effetti di beatitudine che aveva sulle persone. Dopo quell’esperienza scelse Osho come maestro e non si è mai voltata indietro. Ma lo stigma di essere stata tedesca durante la seconda guerra mondiale era ancora con lei e si sentiva sempre un po’ a disagio quando in una conversazione si menzionava la guerra o il nome di Hitler. Un giorno sentì Osho parlare della guerra e di Hitler. Per la prima volta sentì come se un enorme peso si fosse sollevato dalle sue spalle: si era sentita leggera. Mai più sarebbe rimasta intrappolata in quella vecchia e superata prigione mentale. Poteva lasciare andare lo stigma ed essere libera!

Un’idea di Osho
Negli anni Bodhihanna ha continuato a esercitarsi all’Arco Zen e a perfezionare la sua pratica. Osho pensò che fosse una buona idea offrire lezioni all’ashram di allora, Resort di oggi: dopotutto, è una forma di meditazione e a Osho piaceva qualsiasi espressione dello Zen! E da allora non ha mai smesso e ancora oggi, a ottantasei anni, non ha alcuna intenzione di mollare! E viaggia ancora per il mondo per insegnare, non solo a Pune, ma anche in California e alle Hawaii e le piace anche ballare. Come dice lei: “Non importa quanti anni hai, quanti problemi hai, o in che misura sei artefice della tua infelicità. Comincia semplicemente a giocare, sarai giocoso e conoscerai la verità; a quel punto vedrai le cose con molta più chiarezza. Presto qualsiasi problema pensavi di avere si scioglierà come neve in un giorno caldo di sole. Davvero, non è così difficile. Inizia avendo il coraggio di dire “sì” a te stesso!”.
Un guerriero spirituale non ha mai pronunciato parole più vere.

  http://www.oshoba.it/index.php?id=articoli_view_x&xna=134

 

lunedì 18 gennaio 2021

La vita non deve essere stracolma di pesi e di privazioni.



La vita non deve essere stracolma di pesi e di privazioni.
Se è così, significa che questa è la vostra scelta, il vostro sogno che state prendendo per la verità, per il dovuto. Non dovete accettarlo. Se è troppo difficile, troppo complicato, forse non è la vostra porta. Dovete svegliarvi, scuotervi e uscire dal sogno, ovvero, iniziare a proiettare il vostro film, un altro, e muovere i piedi verso un'altra porta.
E ricordate: gli insuccessi non sono tali; probabilmente, sono dei bivi che vi portano allo scopo.

(V.Zeland)


La via del Transurfer - https://faregruppo.blogspot.it

 

domenica 17 gennaio 2021

L'ESSENZA DELLA DOTTRINA DI ZELAND... IN POCHE RIGHE



Zeland si occupava di fisica quantistica fino alla caduta dell'URSS, poi si era dedicato all'informatica, e ora scrive i libri che insegnano agli amanti dell'esoterismo di essere persone positive capaci di realizzare i propri obiettivi.
Conduce una vita nascosta, vive in Russia. Nazionalità: russo al 75% ed estone al 25%.


- Imparate a godere il cattivo tempo, le code, il traffico, qualsiasi cosa negativa. Questa specie di masochismo schiarirà, gradualmente, il cielo sopra il vostro mondo. Dovete pensare solo a quale vantaggio avrete da una cosa spiacevole. Sarà proprio così: lo vedrete da soli.

- Quando smetterete di volere e avrete l'intenzione di avere, allora lo avrete.

- La cosa più difficile è sapere aspettare mantenendo la calma del padrone della situazione. Occorre superare la prova della pausa, quando nulla accade.

- Permettersi di essere se stessi significa accettarsi con tutta la sua imperfezione. Permettere ad un altro di essere se stesso significa togliere da lui le proiezioni delle proprie attese. Come risultato, la situazione quando uno vuole ciò che l'altro non accetta, si risolverà, non si sa come, da sola.

- Il miracolo accadrà solo se rompete lo stereotipo pensando non ai mezzi per raggiungere un obiettivo, ma all'obiettivo stesso.

- Se vi sembra di non essere di questo mondo, o vi sembra che ci sia qualcosa che non va in questo mondo, ottimo. Vi siete svegliati o quasi.

- Ciò che non dovete fare assolutamente è essere delusi della vostra vita. Non dovete pensare di aver fallito. A nessuna età lo dovete pensare. Niente è casuale in questa vita. E tutto deve ancora iniziare: a qualsiasi età, condizioni e circostanze.

http://faregruppo.blogspot.ro/2016/06/lessenza-della-dottrina-di-zeland-in.html

 

sabato 16 gennaio 2021

PERCHE' ASPETTI?

 Perché aspetti?
Aspetti che la vita ti faccia un miracolo?
Che le circostanze cambino in tuo favore ?
...aspetti chi? perche? quanto aspetti?
Se non ti alzi e diventi il tuo Dio... non puoi sperare che qualcosa cambi.
Se non cominci, niente si compierà.
Se non bussi, nessuna porta si aprirà.
Se non percorri la tua strada nessuna mappa ti porterà da nessuna parte.
I miracoli accadono solo quando fai il primo passo verso la tua realizzazione... verso un tuo sogno.
Nessuno ti porterà un pacco regalo, nessuno ti renderà felice.. se non tu stesso.
Perciò alzati.. mettiti in viaggio, il viaggio della tua felicità..
Naviga il mare delle tue emozioni.
Vivi ! ...non rimandare niente... non aspettare nessuno.
La tua mano è capace di disegnare i tuoi sogni, di scrivere il tuo destino.

Colette Haddad

Re Interiore: PERCHE' ASPETTI?