venerdì 31 luglio 2020

Gesù disse: "Signori, mia moglie"


 
 Massimo Mazzucco

Il ritrovamento del frammento di papiro copto, presentato pochi giorni fa alla stampa da Karen King, la ricercatrice della Harvard Divinity School, sta scatenando una sequenza di capriole verbali e di acrobazie logiche veramente divertenti.

Come noto, nel papiro si legge la frase: "Gesù disse loro: 'mia moglie'", parlando presumibilmente ai suoi discepoli.

Apriti cielo: se si scoprisse che davvero Gesù era sposato crollerebbe di colpo l'intera credibilità di una dottrina fondata sul celibato. Già nei Vangeli - per quanto ripuliti dai Padri della Chiesa - erano rimaste tracce di questa "moglie" che ogni tanto saltava fuori all'improvviso, ma la frase di questo ultimo ritrovamento non lascia più spazio ad ambiguità di alcun tipo: quando uno dice "Signori, mia moglie", i casi sono due: o sta cercando di spacciare per consorte un viados con parrucca e tacchi a spillo, oppure quella è veramente sua moglie.

Ed è qui che inziano le acrobazie "interpretative" degli studiosi, a partire dalla stessa Karen King, per non dover ammettere quello che invece dovrebbe essere chiaro per chiunque. [...]

Da un articolo della BBC leggiamo: "La King ha ripetutamente sottolineato che questo frammento non va considerato una prova che Gesù, il personaggio storico, fosse sposato".

E chi doveva esserlo, se non il personaggio storico? La sua controfigura di Hollywood?

Fra l'altro, "personaggio storico" lo si diventa col passare dei secoli, ma i Vangeli descrivono la vita di una normalissima "persona" di quel tempo. Se uno dice "questa è mia moglie" vuol dire "questa è mia moglie", no? ...


"Il testo è stato probabilmente scritto secoli dopo la vita di Gesù - continua la King - e tutte le altre fonti storicamente affidabili tacciono sulla faccenda." A parte che tutti i Vangeli sono stati scritti almeno 50 anni dopo la morte di Gesù (prima c'era solo la tradizione orale), ma non è che le cose cambino più di tanto, con il passare del tempo: una volta messi nero su bianco li si ricopia diligentemente, e nessuno si sognerebbe mai di cambiarne una sola virgola.

Anche la Bibbia, volendo, è stata tramandata per oltre 500 anni per sola tradizione orale, prima di venire definitivamente messa nero su bianco, ma se vai a confrontarla con un rotolo di Isaia trovato a Qumran - che ha fatto un percorso storico completamente differente - scopri che sono identici, parola per parola.

Quasi commovente, nel suo tentativo di "debunking", lo sforzo della King per spostare il problema sul "dibattito" avvenuto nelle prime comunità cristiane riguardo al matrimonio: "Il frammento - dice la King - offre prove ulteriori che ci sia stato un forte dibattito fra i primi cristiani se Gesù fosse sposato oppure no".

Veramente il frammento dice "Signori, mia moglie". Casomai il frammento offre una prova che avessero ragione quelli che sostenevano che fosse sposato, non "che ci sia stato un forte dibattito." Quello lo sapevamo già.

E' come se qualcuno fra 100 anni trovasse la deposizione filmata di Mineta alla Commissione 9/11, e dicesse: "Questa deposizione dimostra che c'è stato un forte dibattito sul vero ruolo di Dick Cheney negli attentati dell'11 settembre". Eh no, caro amico: quella deposizione dimostra che Dick Cheney ha dato un ordine di non intervenire. Che ci sia stato un forte dibattito lo sapevamo già tutti in partenza.

Altri "studiosi" ci vanno giù pesanti, senza stare troppo a guardare le sottigliezze. Jim West, pastore della chiesa battista del Tennessee, dice: "Una frase su un frammento di papiro non dimostra nulla. E' solo una affermazione sospesa nell'aria, senza sostanziale contesto". (Ricorda qualcuno?)

E' quale contesto dovrebbe esserci, quando uno dice "Signori mia moglie"? Se la presenta "nel contesto" di una cerimonia a palazzo è valida, se invece la presenta in osteria non è più sua moglie?

Wolf-Peter Funk, esperto di lingua copta, ha detto: "Ci sono migliaia di frammenti di papiro su cui trovi scritte le cose più folli".

Perchè i folli naturalmente sono sempre gli altri. Per certe persone, qualunque cosa non corrisponda al loro modo di pensare diventa automaticamente "una follia".

Ora viene la cosa più divertente di tutte: perchè tutti questi studiosi, invece di arrampicarsi sui vetri per continuare a difendere a tutti i costi l'arcaico concetto di celibato, non vanno a leggersi il Vangelo ufficiale della Chiesa cattolica? Quello dovrebbe essere abbastanza "affidabile" come fonte storica, secondo loro, no?

Ecco, se lo facessero troverebbero ad esempio, nelle lettere di Paolo al figlio Timoteo (ho detto figlio? Ooops), quanto segue:

"Se uno aspira all'episcopato, desidera un nobile lavoro. Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità,perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?"

Gentili signori "esperti" e "studiosi": qual'è la parte di "vescovo" che non capite? Qual'è la parte di "sposato" che non capite? Qual'è la parte di "famiglia" e "figli" che non capite?

La Crepa nel muro: Gesù disse: "Signori, mia moglie"

giovedì 30 luglio 2020

Il racconto delle schiave yazide torturate dall’Isis. «Ci stupravano e ci costringevano ad abortire»

Pettinarsi: per le schiave yazide liberate dall'Isis anche questa ...

Ottobre 9, 2015 Leone Grotti
Noor, 22 anni, racconta alla Cnn: «L’uomo che mi ha comprata mi ha detto: “Diventerai musulmana se 10 combattenti ti stupreranno”. Lo ha fatto, poi mi ha passata ai suoi 10 amici»
Non c’è limite all’orrore, quando si parla di Stato islamico. Ma se si affronta il problema delle violenze commesse dai jihadisti sulle donne e bambine yazide, rapite in Iraq a centinaia e centinaia l’anno scorso, è ancora peggio. Tutto è già stato detto e scritto, ogni possibile crimine è stato riportato, eppure mano a mano che le donne sfuggite ai carnefici trovano la forza di raccontare le proprie storie, emergono nuovi terribili dettagli.
MERCATO DELLE SCHIAVE. Bushra, 21 anni, come tante altre è stata rapita dall’Isis nell’agosto del 2014, durante l’occupazione della provincia di Sinjar. Come tante altre, è stata portata in catene al “mercato delle schiave“, dove jihadisti e religiosi di paesi arabi vengono a scegliere e comprare le loro concubine.
La ragazza racconta però che, prima di essere vendute, tutte venivano controllate da due ginecologi: dovevano verificare se erano in stato interessante e se erano vergini. «Una delle mie amiche era incinta di tre mesi», racconta alla Cnn. «L’hanno presa e portata in un’altra stanza. C’erano due dottori e l’hanno fatta abortire. Poi l’hanno riportata indietro. Le ho chiesto cos’era successo ma mi ha detto che i dottori le avevano ordinato di non parlare. L’hanno lasciata sanguinare e soffrire così tanto che non poteva più né parlare né camminare».
«TI PREGO, PORTAMI VIA». Bushra è riuscita a scappare e ora vive nel campo profughi iracheno di Dohuk, insieme a tante altre yazide. Tra loro c’è anche Noor, 22 anni: «Non avevamo scelta. Un uomo mi ha presa. Era vecchio, grasso e brutto. Ero molto spaventata. C’erano altri combattenti dell’Isis là, così ho pregato uno di loro di prendermi e sposarmi, pur di essere liberata da quell’uomo. Mi ha accontentata».
Se da principio il jihadista non l’ha obbligata ad avere rapporti sessuali con lui, dopo due giorni ha cambiato atteggiamento: «È venuto da me, mi ha mostrato una lettera e mi ha detto: “Qui si legge che ogni donna catturata diventerà musulmana se 10 combattenti dell’Isis la stuprano”. Allora mi ha stuprato e poi mi ha passato ai suoi amici. Mi hanno stuprata 11 persone diverse».
TENTATI SUICIDI. Non ci si può stupire se centinaia di ragazze, come dichiarato dalla deputata irachena Ameena Saeed Hasan, hanno cercato di suicidarsi pur di non essere umiliate a questo modo. Ma neanche uccidersi è facile. «Una volta, 14 ragazze che erano con me hanno cercato la morte bevendo veleno per topi. Ma i miliziani le hanno portate subito in ospedale per fare loro la lavanda gastrica. Non sono morte e si sono sentite dire: “Non vi lasceremo morire così facilmente”», spiega Bushra. «Anch’io ho provato a uccidermi, ma non ci sono riuscita».
SCHIAVITÙ E CORANO. Nel 2014, sul quarto numero di Dabiq, l’Isis ha giustificato così la riduzione a schiavitù delle donne yazide: «Bisogna ricordare che rendere schiave le famiglie degli infedeli e prendere le loro donne come concubine è un aspetto stabilito in modo chiaro dalla sharia. E se qualcuno la negasse o la prendesse in giro, negherebbe e prenderebbe in giro i versi del Corano e le narrazioni del Profeta, e di conseguenza diventerebbe un apostata».

mercoledì 29 luglio 2020

Il costo umano di uno smartphone


Il coltan, minerale sanguinoso
Dall’Africa ai nostri cellulari

Da dove arriva il coltan, minerale usato per produrre i condensatori dei computer portatili, alcuni parti dei telefoni cellulari, delle consolle di giochi e dei sistemi di localizzazione satellitare? Dietro a questo prezioso materiale, resistente al calore e alla corrosione, corrono commerci e scambi che animano l’Africa, in particolare la Repubblica Democratica del Congo. Il futuro sembra non poter esser scritto senza queste pietre, di cui è ricchissima la parte orientale del Paese, la zona del Kivu, lago che s’adagia al confine con il Rwanda, dall’altra parte della nazione rispetto alla capitale Kinshasa. E qui dove giace una preziosa risorsa per l’Africa e il mondo, bande armate e guerriglieri sono riusciti a creare un vero e proprio regime del terrore, facendo dell’estrazione del coltan un business che viene sfruttato come fonte di introiti per i loro affari.

L’estrazione e la tassa. Li chiamano “Lords of war”, e sono i padroni di queste aree, terre in cui la legislazione e la forza del governo centrale non riesce a far valere alcun tipo di autorità, costingendo i minatori a pagare alle bande armate una quota per ogni chilo di minerale estratto. Con i proventi che ne traggono, i guerriglieri acquistano armi che garantiscono loro ulteriore potere sul territorio. Dopo aver pagato questa “tassa”, i minatori camminano per due giorni, portandosi sulle spalle sacchi che contengono svariati chili del minerale estratto. Il loro obbiettivo è quello di arrivare a Goma, punto di raccolta dove il coltan viene per la prima volta registrato in maniera ufficiale. Fino a questo momento, infatti, non esiste alcun documento che possa garantire l’origine e la storia di questo minerale. Da Goma, il coltan viene caricato in piccoli aerei che raggiungono il Ruanda, l’Uganda, la Tanzania e il Kenya, dove le aziende incaricate dalle multinazionali lo acquistano per farlo arrivare nelle catene di montaggio dei nostri cellulari...

I minatori. In queste miniere il lavoro e lo sfruttamento minorile sono pratiche, purtroppo, usuali. I bambini, spesso vengono rapiti dai gestori dei giacimenti e trasformati in schiavi, nei casi più tristi sono le stesse famiglie a venderli per pochi dollari: orribile testimonianza di un Paese in cui fame e povertà fanno spesso dimenticare l’amore filiale. La dinamica d’estrazione del coltan rende tristemente i più giovani gli operai migliori per questo lavoro: sono infatti i più adatti a calarsi negli stretti cunicoli e buche da cui si estraggono le pietre che contengono il coltan. L’età media dei bambini/minatori si aggira intorno ai 6-7 anni, e dopo solo una decina di anni trascorsi a lavorare al buio e alla sporcizia di quei cunicoli invecchiano precocemente e sviluppano, a causa della radioattività del coltan, malattie del sistema linfatico che ne causano la morte.
9 centesimi al giorno. I salari di questi operai sono al di fuori di ogni umana immaginazione. Secondo un rapporto di Watch International del 2009, la manodopera locale prende l’equivalente di 18 centesimi di euro per ogni kg di coltan estratto, che per i bambini scende a una paga giornaliera di 9 centesimi, quando in realtà il prezzo di mercato del minerale arriva fino ai 600 dollari al kg. A far luce e a presentare al mondo questo terribile sfruttamento ci ha pensato il danese danese Frank Piasecki Poulsen che nel 2010 ha girato un documentario dal titolo “Blood in the Mobile”, con l’obiettivo di far conoscere all’opinione pubblica mondiale da dove vengono e come sono estratte le materia prime dei nostri cellulari.

Una (debole) soluzione al problema. Per cercare di risolvere questo problema, il presidente americano Barack Obama nel 2010 ha firmato la riforma Dodd-Frank Act, che cercava di bloccare lo sfruttamento e il giro d’affari che si è creato negli ultimi decenni attorno all’estrazione del coltan. La legge americana prevedrebbe l’obbligo di certificare la provenienza di questo minerale così da escludere ogni possibile acquisto dalle miniere incriminate di sfruttamento. Le multinazionali acquistano oggi il prezioso minerale a Kigali, in Ruanda, e in questo modo il materiale risulta “pulito”. Ma c’è un problema. Come già detto, il punto di raccolta del coltan in Congo si troverebbe a Goma, cittadina che dista a meno di tre ore di camion da Kigali. E in Ruanda non esiste neppure un giacimento di coltan. Da dove arriverà, quindi, quello che viene acquistato dalle grandi multinazionali?

La risposta etica agli smartphone si chiama Fairphone?

Da due anni è possibile acquistare su internet Fairphone, il telefonino che prova a rispettare i lavoratori e cerca di non utilizzare materiale proveniente da zone di guerra: eticità contro obsolescenza progorammata.
lo spettacolo dell'emozione: il costo umano di uno smartphone

martedì 28 luglio 2020

Dalai Lama sui migranti: “L’Europa non può accogliere tutti”



Tenzin Gyatso - Wikipedia


Il Dalai Lama, guida spirituale del buddhismo, è in viaggio in Gran Bretagna e ha sorpreso un po’ tutti dimostrandosi molto più pragmatico di tanti politici a proposito della questione immigrazione. Ecco le sue semplici parole: “Penso che Germania e Austria abbiano avuto una buona risposta alle migrazioni, ma bisogna riflettere: è impossibile che tutti possano venire in Europa”. L’uso della parola “impossibile” fa molto riflettere, perché esprime un giudizio piuttosto tranchant sulla questione migranti. Il Dalai Lama elogia dunque i Paesi europei che hanno aperto le loro frontiere e hanno accolto così tanti profughi, ma poi molto realisticamente invita ad una riflessione sul fatto che questa ondata migratoria non può essere infinita e deve per forza di cose essere gestita e regolamentata in qualche modo.
Il monaco tibetano ha poi aggiunto: “Bisogna interessarsi dei migranti ma in piccoli numeri” e comunque facendo sempre riferimento alla capacità di accoglienza di ogni determinato Paese per evitare che i profughi siano in numero eccessivo rispetto allo spazio disponibile o rispetto ai cittadini di un determinato luogo. Secondo il Dalai Lama bisognerebbe impegnarsi di più nella risoluzione dei problemi alla radice, andando a pacificare le zone di guerra e aiutando queste popolazioni prima che siano costrette ad intraprendere i viaggi della speranza verso l’Europa.

lunedì 27 luglio 2020

Marinaleda (Spagna): disoccupazione a 0 e affitti a 15 euro



Casares-Andalusia
Può sembrare il folle sogno di un socialista utopista, ma il caso del piccolo villaggio di Marinaleda è incredibilmente concreto. Piccolo comune non distante da Siviglia, è balzato agli onori della cronaca perché rappresenta un esperimento sociale ed economico interessante.
Nel bel mezzo della più grave crisi del Dopoguerra il paesino governato dalla fine degli anni ’70 dal sindaco Gordillo registra un roboante 0% di senza lavoro.
 Le parole d’ordine a Marinaleda sonocooperazione e cittadinanza inclusiva. La comunità collabora alla fornitura dei servizi pubblici essenziali, che si tratti di pulire le strade o tenere in ordine giardini e verde urbano. L’economia del villaggio è quasi interamente basata sull’agricoltura, visto che il 70% dei cittadini lavora alla produzione dei pezzi forte del territorio andaluso: carciofi e peperoni. Il restante 30% della popolazione lavora in piccoli negozietti e poi, naturalmente, nelle scuole e negli uffici.
In realtà, il segreto a Marinaleda è una virtuosa sinergia tra livelli amministrativi diversi: comune, governo andaluso e amministrazione centrale. Ciò consente di sperimentare un modello di redistribuzione assolutamente unico. La quota per pagare la mensa scolastica è di 12 euro al mese; la piscina comunale costa, per l’intera estate, solo 3 euro.
 Ma non è finita qui: ogni cittadino di Marinaleda ha la possibilità di pagare un affitto calmierato di 15 euro al mese per un appartamento di 90 metri quadri. Come? Il Comune gestisce il terreno, ne concede il permesso di edificabilità valutando la bontà del progetto e l’assegnatario contribuisce alla costruzione dell’edificio con il proprio lavoro. Chi lavora nell’agricoltura, indipendentemente dalla mansione svolta, guadagna 50 euro al giorno: la giornata lavorativa è di 6 ore e vige un perfetto egualitarismo.

sabato 25 luglio 2020

Canada, l’obliteratrice della metrò è rotta, la gente lascia lo stesso i soldi (FOTO)

Canada, l'obliteratrice della metrò è rotta, la gente lascia lo stesso i soldi (FOTO)


La macchinetta che marca i biglietti della metropolitana si rompe e non ci sono controllori. Si può entrare senza pagare. Ma la gente lascia i soldi incustoditi sull’obliteratrice per poi prendere il treno. E nessuno toccherà un centesimo. Siamo a Toronto.

“L’onestà degli ormai miei compatrioti canadesi non cessa di sorprendermi”, comincia così una lettera inviata alla redazione de Il Mattino da "un napoletano" che "vive in Canada da circa 20 anni". A Toronto per la precisione, dove in una stazione della metropolitana l'obliteratrice si è guastata. Non c'erano controllori. Insomma, chiunque poteva passare senza fare il biglietto. E invece no, perchè la gente ha voluto comunque pagare in qualche modo "lasciando i soldi incustoditi sull’obliteratrice per poi entrare e prendere il treno. Il tutto senza che nessuno si sorprendesse dell'atto di profonda civiltà e nessuno ha toccato un centesimo", racconta piacevolmente sorpreso l'uomo che ha fatto anche una foto per documentare il tutto. E conclude: “Se una cosa del genere non l’avessi vista con i miei occhi, non ci avrei mai creduto”.


La battuta è ovviamente legittima: che cosa sarebbe accaduto in Italia? La gente ne avrebbe approfittato per tirare dritto senza fare il biglietto? E quei soldi lasciati incustoditi? I commenti alla lettera al Mattino, in tal senso, si sprecano: "Caro amico napoletano che vive in Canada, prima di tutto mi permetta di dirle, con una punta di invidia, che ha scelto uno dei paesi piu' civili dove vivere. Per quanto riguarda cio' che ha assisitito e' una cosa davvero straordinaria, purtroppo a Napoli non succederebbe mai, la chiami mentalita', modo di vivere o di vedere le cose, non saprei, quello che posso dirle e' che nella nostra citta' c'e' ancora gente che se non paga il biglietto se ne vanta con amici e parenti, si passa ancora con il rosso, si parcheggia in terza fila, si truffano le assicurazioni e si rubano ancora le autoradio. Ah, dimenticavo la " munnezza", ne siamo sempre pieni. Buone cose".
http://www.fanpage.it/canada-l-obliteratrice-della-metro-e-rotta-la-gente-lascia-lo-stesso-i-soldi-foto/



venerdì 24 luglio 2020

IL POPOLO PIU’ RICCO DEL MONDO? E’ IN EUROPA, MA NON HA L’EURO E HA SEMPRE VOTATO PER NON ENTRARE NELL’UNIONE EUROPEA! HAI CAPITO DI CHI STIAMO PARLANDO?


Risultati immagini per norvegia
I più ricchi del mondo? Sorpresa, sono i norvegesi
Il fondo sovrano gestito dal governo vale oltre 800 miliardi grazie al petrolio. È azionista di 9mila società, ha il 2% delle azioni mondiali e ogni cittadino ha un credito di 160mila euro
Da Oslo – Lo chiamano sparegris , salvadanaio. Contiene circa 820 miliardi di euro; circa perché domani sarà già cresciuto di varie centinaia di milioni, non riesci a stargli dietro. Un contatore che galoppa, come quelli che ospitiamo malvolentieri a casa nostra, solo che i norvegesi questo lo controllano sul sito del ministero delle Finanze per tirarsi su il morale nelle giornate uggiose.
È il Norwegian government pension fund global, più comunemente Petroleum fund, il fondo sovrano più grande del mondo, istituito con i proventi statali del petrolio, un salvadanaio per le generazioni a venire, una macchina da soldi che marcerà anche se il resto del mondo dovesse andare in malora e soprattutto in previsione del giorno in cui verrà estratto l’ultimo barile di Brent.
Un patrimonio pari al Pil dello Stato di New York che garantisce ai cinque milioni di norvegesi un credito di 160mila euro ciascuno, un dato che non si può crudelmente non paragonare ai circa 40mila euro di debito che accompagnano invece la nascita di ogni italiano.
Eccola dunque l’eccezione di questo Emirato del Nord che ha sfatato, unico tra i grandi Paesi produttori, la maledizione del petrolio: un pugno di nababbi e il resto della popolazione che resta all’asciutto, magari tenuta a bada con qualche buono benzina. «Non c’è nulla di ideologico, e non c’entra la socialdemocrazia – dice Øystein Noreng, professore alla Norwegian business school -.
Rispecchia piuttosto la cultura dell’equità sociale e del risparmio che arriva dal senso comunitario contadino. La ricchezza che proviene dalla natura è di tutti».
E il viceministro delle Finanze, Paal Bjørnestad, va addirittura indietro all’alba dei tempi: «Siamo stati fortunati, noi estraiamo dal suolo norvegese una ricchezza che si è formata centinaia di milioni di anni fa, ma un giorno il petrolio finirà e noi dobbiamo garantire che di questa fortuna possano beneficiarne le generazioni a venire». Così vent’anni fa si decise di istituire il fondo, investendo interamente all’estero rendite dai diritti e dalle tassazioni sulle estrazioni: 60 per cento in azioni, 35 per cento in titoli a tasso fisso e il 5 per cento in proprietà immobiliari. Oggi i numeri sono spaventosi: il fondo è azionista in novemila società quotate nel mondo, significa che il due per cento delle azioni globali sono intestate alla Norvegia, pezzi pregiati, come la torre di Time Square a New York o Regent Street a Londra, appartengono a Ole Nordman, il Mario Rossi norvegese.
«Volevamo evitare di contrarre il male olandese», dice il ministro. Nel gergo della finanza si chiama dutch disease quando accade – come in Olanda negli anni Settanta con il gas – che la ricchezza prodotta dalle risorse naturali e reinvestita nel Paese provoca un cortocircuito economico, deindustrializzazione e depressione generale. «Cerchiamo il massimo ritorno con il minimo rischio, come un buon padre di famiglia», spiega Paal nel suo studio al ministero, spartano quanto una canonica luterana.
Ovvio che il fondo non è un bancomat dove chiunque può estrarre dalla sua quota, ma parte degli interessi vengono già spesi oggi: «Il governo è autorizzato a utilizzare fino al 4 per cento del guadagno prodotto dagli investimenti per coprire il deficit di bilancio, che significa una grande quantità di denaro a disposizione dell’attuale governo perché il fondo ha raddoppiato il suo valore in quattro anni… Stiamo parlando del 15 per cento del budget norvegese garantito e che non è finanziato dalle tasse. Tuttavia il valore complessivo del fondo rimane intatto per sempre. Tutto è trasparente, ogni decisione controllabile da tutti sul sito». E proprio l’ultimo rapporto indica come il fondo sia tornato a investire pesantemente in Italia: una quindicina di miliardi di euro, tre miliardi di euro accumulati nell’ultimo triennio con un forte recupero di interesse per i nostri titoli di Stato ma non solo: l’acquisto di azioni sfiora gli otto miliardi e riguarda oltre 130 società. Mentre il viceministro fa sapere che si sta valutando attentamente il mercato immobiliare, soprattutto a Milano.
Stavanger, città sulla costa occidentale, esprime il suo orgoglio e la sua storia attraverso due musei. Uno, nella parte vecchia, casette bianche con i ciclamini e l’erica sui balconi, racconta un villaggio di pescatori di aringhe e di piccole imprese per la produzione delle sardine in scatola: la bionda Katrine guida l’ospite con slancio, spiega del boom della produzione per i soldati di tutti i fronti durante le guerre mondiali, mostra piena d’orgoglio le sale dove gli uomini saldavano una a una le scatolette di latta e poi le prime macchine a vapore che ne sfornavano mille all’ora, quindi le foto delle donne che salavano e affumicavano il pesce. L’altro museo celebra invece il petrolio, scoperto dagli americani a duecento miglia dalla costa nel Natale del 1969. Il Norsk Oljemuseum, con al centro il modello della prima piattaforma, l’Ekofisk, simboleggia la nuova Stavanger, diventata la Houston d’Europa, sede di tutte le multinazionali legate all’estrazione, città con il costo della vita più alto al mondo, venti euro per un hamburger, monolocali da un milione di euro.

«Siamo certamente un’eccezione nella gestione di tanta ricchezza, la Norvegia con il fondo sovrano, investendo tutto all’estero, ha trovato il modo di vivere come se il petrolio non ci fosse, ma ovviamente non è così», dice il direttore Finn E. Krogh, che è anche politologo. Finn è preoccupato per una generazione che si adagia nell’ovatta, viziata da papà Stato e da mamma Statoil, la compagnia petrolifera pubblica che ha in mano l’80 per cento delle operazioni. «I giovani norvegesi vivono nella ricchezza, crescono in famiglie ricche, frequentano buone scuole… diventano pigri, ignorano la vita vera, i sacrifici e potrebbero non sapersela cavare da soli. Forse la perdita di posti di lavoro che sta causando il crollo del prezzo del petrolio potrebbe dare loro la sveglia».
Secondo Arild Moe del Nansens institute, centro di studi strategici legati alle politiche energetiche, «l’industria petrolifera ha alzato troppo il costo della vita e i costi generali nel Paese, compromettendo la concorrenza di altre industrie. E poiché i prezzi di petrolio e gas continueranno a essere bassi per molto tempo, dobbiamo cogliere l’opportunità di incentivare industrie alternative, diversificare gli investimenti. A differenza di altri Paesi petroliferi, noi possiamo permettercelo grazie al fondo sovrano». Chissà che non arrivi prima del previsto il momento di prendere il martello e rompere lo sparegris , il salvadanaio megagalattico.

giovedì 23 luglio 2020

La guerra dimenticata che da 20 anni continua sui monti Nuba


sudanNei rari momenti di pace, i Monti Nuba, in Sudan, sembravano un rigoglioso e ordinato giardino. Il cibo abbondava, la gente era allegra e le scuole sempre affollate. Nei rari momenti di pace…
Va avanti da 30 anni l’odiosa guerra che costringe un intero popolo alla paura e a vivere nelle grotte per cercare scampo a bombardamenti che, oramai è provato, non mirano ad obiettivi militari, ma adannientare gli abitanti di questa regione. Ad essere colpite sono case e capanne, scuole, ospedali e raccolti.
La colpa della popolazione nera dei Monti Nuba è la sua voglia di libertà, la sua fierezza. Il suo essere musulmani per scelta, non per imposizione, e nel frattempo rispettare gli altri credi ed ospitarli come una ricchezza dello spirito in più. Per il governo arabizzato di Khartoum, per le sue leggi improntate alla Sharia, questi sentimenti sono una minaccia da annichilire.
Tanto più che i Monti Nuba, come il Darfur, sono terre di confine contro tanti nemici esterni e pedine importantissime nella geopolitica folle del petrolio in un paese che galleggia sull’oro nero.
Un oro che fa gola a troppi attori, interni ed esterni, e arma guerre e conflitti senza sosta alcuna. Né Khartoum, né le grandi compagnie petrolifere, né Cina e Stati Uniti, nei loro giochi di potere, hanno interesse ad una pace stabile e duratura. A pagarne le conseguenze è un popolo inerme.
Sui monti Nuba si muore di carestie, indotte dalla distruzione dei raccolti, di malattie, anche le più semplici, per il sistematico bombardamento di ogni struttura sanitaria. Si muore in schiavitù una volta catturati. Si muore per stupro se si è una giovane donna. Si muore perché nei campi di raccolta governativi tutto manca mentre abbonda la violenza e la sopraffazione culturale di un popolo in fuga.
http://www.dolcevitaonline.it/la-guerra-dimenticata-che-da-20-anni-continua-sui-monti-nuba/

mercoledì 22 luglio 2020

IL TAGLIO DELLA CLITORIDE





















"Poi toccò a me. Ormai ero terrorizzata.
- Quando avremo tolto questo “kintir” (clitoride) tu e tua sorella sarete pure.- Dalle parole della nonna e degli strani gesti che faceva con la mano, sembrava che quell’orribile kintir, il mio clitoride, dovesse un giorno crescere fino a penzolarmi tra le gambe. Mi afferrò e mi bloccò la parte superiore del corpo ... Altre due donne mi tennero le gambe divaricate. L’uomo che era un cinconcisore tradizionale appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a tirare…Vidi le forbici scendere tra le mie gambe e l’uomo tagliò piccole labbra e clitoride. Sentii il rumore, come un macellaio che rifila il grasso da un pezzo di carne. Un dolore lancinante, indescrivibile e urlai in maniera quasi disumana. Poi vennero i punti: il lungo ago spuntato spinto goffamente nelle mie grandi labbra sanguinanti, le mie grida piene di orrore … Terminata la sutura l’uomo spezzò il filo con i denti…Ricordo le urla strazianti di Haweya, anche se era più piccola, aveva quattro anni, scalciò più di me per cercare di liberarsi dalla presa della nonna, ma servì solo a procurarlo brutti tagli sulle gambe di cui portò le cicatrici tutta la vita.
Mi addormentai, credo, perché solo molto più tardi mi resi conto che le mie gambe erano state legate insieme, per impedire i movimenti e facilitare la cicatrizzazione (dato che c’è stata una perdita di sostanza, clitoride e piccole labbra, le gambe legate insieme permettono la cicatrizzazione, ma la cicatrizzazione avviene in retrazione. Non c’è più tutto il tessuto necessario perché le gambe possano essere divaricate completamente. Nessuna farà più la spaccata. Anche dare un calcio a un pallone può essere impossibile, come andare a cavallo o, nei casi più gravi, nuotare a rana. Nei casi più gravi, dove infezioni riducono ulteriormente il tessuto, le donne non possono più divaricare le gambe per accovacciarsi e urinare e, dove non esistono water, devono urinare dalla posizione in piedi con l’orina che scola tra le gambe, scola un filino alla volta, una goccia alla volta.) Era buio e mi scoppiava la vescica, ma sentivo troppo male per fare pipì. Il dolore acuto era ancora lì e le mie gambe erano coperte di sangue. Sudavo ed ero scossa dai brividi. Soltanto il giorno dopo la nonna mi convinse a orinare almeno un pochino. Oramai mi faceva male tutto. Finché ero rimasta sdraiata immobile il dolore aveva continuato a martellare penosamente, ma quando urinai la fitta fu acuta come nel momento in cui mi avevano tagliata. Impiegammo circa due settimane a riprenderci. La nonna accorreva al primo gemito angosciato. Dopo la tortura di ogni minzione ci lavava con cura la ferita con acqua tiepida e la tamponava con un liquido violaceo, poi ci legava di nuovo le gambe e ci raccomandava di restare assolutamente ferme o ci saremmo lacerate e allora avrebbe dovuto chiamare quell’uomo a cucirci di nuovo. Lui venne dopo una settimana per esaminarci. Haweya doveva essere ricucita. Si era lacerata urinando e lottando con la nonna…L’uomo ritornò a togliere il filo dalla mia ferita. Ancora una volta furono atroci dolori per estrarre i punti usò una pinzetta. Li strappò bruscamente mentre di nuovo la nonna e altre due donne mi tenevano ferma. Ma dopo questo anche se avevo una ruvida spessa cicatrice tra le gambe che faceva male se mi muovevo troppo, almeno non fui più costretta a restare sdraiata tutto il giorno con le gambe legate. Haweya dovette attendere un’altra settimana e ci vollero quattro donne per tenerla ferma… Non dimenticherò mai il panico sul suo viso e nella sua voce…Da allora non fu più la stessa…aveva incubi orribili. La mia sorellina un tempo allegra e giocosa cambiò. A volte si limitava a fissare il vuoto per ore. (svilupperà una psicosi) … cominciammo a bagnare il letto dopo la circoncisione."


- Hirsi Alip



Sebbene non sia in nessuna sua parte richiesta dal Corano, l'infibulazione è però una pratica che si può riscontrare in alcuni paesi, in tutto o in parte islamici (essenzialmente la parte meridionale dell'Egitto, Sudan, Somalia, Eritrea,Nigeria, Senegal, Guinea), dove viene consigliata come sistema ritenuto utile a mantenere intatta l'illibatezza della donna.

In Somalia, una donna non infibulata viene considerata impura; pertanto, non riesce a trovare marito e rischia l'allontanamento dalla società
effetti dell'infibulazione ; I rapporti sessuali, attraverso questa pratica, vengono impossibilitati fino alla defibulazione (cioè alla scucitura della vulva), che in queste culture, viene effettuata direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio. Le puerpere, le vedove e le donne divorziate sono sottoposte a reinfibulazione con lo scopo di ripristinare la situazione prematrimoniale di purezza. I rapporti diventano dolorosi e difficoltosi, spesso insorgono cistiti, ritenzione urinaria e infezioni vaginali. L'asportazione totale o parziale degli organi genitali femminili esterni è praticata con lo scopo di impedire alla donna di conoscere il piacere durante il rapporto sessuale e come forma di controllo del desiderio sessuale femminile.

BOLDRINI: MIGRANTI SONO AVANGUARDIA DEL NOSTRO FUTURO STILE DI VITA
presto lo stile di vita dei migranti sara' il nostro stile di vita, (wow ma che fortuna e che onore)
infatti In Italia 40mila bambine sono state sottoposte a infibulazione i dati risalgono al 2012 e sono in aumento 
Eh si certo abbiamo molto da imparare dalle tradizioni dei migranti, secondo la Boldrini sono gli Italiani che devono integrarsi  con usi e costumi dei migranti AZZZ la lungimiranza e l'intelligenza politica di questa donna è sorprendente
Antar Raja

martedì 21 luglio 2020

L'Arte della Fumigazione. Una guida alle resine e...



Da tempi immemorabili la combustione di parti vegetali aromatiche è stata utilizzata per penetrare nei recessi dell'anima e stimolare cambiamenti. Quali sono gli incensi "big"? E quali le loro proprietà? - Estratto da "L'Altra Medicina - n.30"
Ci sono tanti modi per "ricevere" quello che una pianta può darci. Si può ingerire o strofinare sulla pelle, se ne può fare un farmaco - un rimedio - ma si può anche bruciare ed esporsi al suo aroma. L'uso è sicuramente molto antico, testimoniato dalla presenza delle fumigazioni in tutte le grandi culture del passato.

All'inizio forse si trattò solo dell'esposizione ai balsami di una conifera, bruciata per riscaldarsi, ma che si rivelò un sollievo contro una malattia da raffreddamento.

Presto, erbe e legni si associarono a rituali e pratiche religiose, si vide che ogni profumo "parlava" in modo diverso. Aveva un potere, apriva porte nella psiche dei primi sapiens.

Tutto questo, nel tempo, è stato variamente elaborato fino a comporre un corpo di conoscenze di cui resta traccia nelle narrazioni tradizionali. In Arabia si vide che la resina di una pianta del deserto agiva su strati profondi della mente, e forse riduceva il rischio di contagio delle malattie infettive. La pianta era la Boswellia, quella che chiamiamo incenso. Si accorsero che la mirra, un altro arbusto di quei luoghi, aveva altri effetti, più terrestri. Dall'India, dall'Egitto arrivarono subito ingenti richieste.

In America del nord si entusiasmarono per la salvia bianca, a Creta per il ladano, in India per il sandalo, in Giappone per il legno del Jinkoh. Ogni grande cultura del passato aveva il suo "incenso" Le piante usate per le fumigazioni (ancora oggi) sono molte centinaia, e migliaia sono le "ricette" a noi pervenute.

Gli esperti, spesso persone addette alle cerimonie religiose, elaborarono svariate associazioni di più piante da bruciare, esattamente come accadde per le "medicine" da assumere per bocca, fatte di più ingredienti. Una storia complessa, tutta da ricostruire. Ma possiamo ricordare le piante da sempre più utilizzate nelle fumigazioni (solo una parte dell'insieme) e vedere quali proprietà erano loro attribuite.
Incenso - Il profumo del cielo

L’incenso, o franchincenso, è la resina delle piante Boswellia. Crescono ai confini del deserto in una ristretta fascia di terra e sassi, la “cintura dell’incenso”: troppa acqua le ucciderebbero. Una storia antichissima: la più famosa è Boswellia sacra, diffusa nell’Arabia del sud, ma ci sono più di 20 varietà tra cui l’indiana Boswellia serrata, detta Guggul.

La fumigazione dell’incenso, bruciato anche nelle chiese cattoliche, veniva fatta per due scopi principali: per disinfettare gli ambienti e per le proprietà psicoattive.

Da sempre si ritiene che questo aroma avvicini l’anima a Dio; innumerevoli generazioni si sono servite di Boswellia per la preghiera, il raccoglimento, e per entrare in stati meditativi.

In quanto tale si ritiene che purifichi i nostri spazi interiori, alleggerendo la psiche da tutto ciò che la opprime e proteggendo da influssi negativi. Agendo su questi piani profondi, è come essere trasportati al di fuori dal caos quotidiano con effetti rilassanti e antistress.

La varietà Guggul, in India, entra tra i rimedi dell’Ayurveda: tradizionalmente si brucia alla sera, spesso insieme al benzoino, per superare stati di nervosismo, recuperare la pace interiore e avere un sonno ristoratore. Da un'altra pianta affine (Balsamodendron gileadensis) si ottiene il cosiddetto Balsamo della Mecca: famosissimo nell’antichità, oggi è quasi impossibile trovarlo puro in commercio.

Curiosità: Un tempo le persone colpite da reumatismi si esponevano ai “bagni” di fumi dell’incenso. Un’azione antinfiammatoria che recentemente è stata confermata da alcune università occidentali.

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Mirra - La forza sensuale della terra

Un'altra pianta del deserto è Myrrhis odorata. È la Mirra dei Re Magi: da sempre se n'è fatto commercio insieme all'incenso.

Se l'incenso è "maschio", la mirra è "femmina": racchiude in sé l'energia della terra, dona forza, radicamento, tonicità. Ideale per uscire da stati di affaticamento e confusione mentale. Nel mondo medio-orientale, ma anche nell'antico Egitto, si riteneva che questa fragranza accendesse la sensualità: in Egitto era detta "scongiuro dalla pazzia" proprio perché in grado di calmare le persone con gravi disagi psicofisici. Come altre piante, si usava bruciarla nelle stanze dei malati, per somministrare forza e come antisettico.

Curiosità: La Mirra non va confusa con la mirra dolce (opoponax) che ha un sorprendente profumo di lavanda. Quest'ultima si pensava che funzionasse come uno scudo protettivo contro agenti patogeni e influenze negative. Potenzia la percezione e i sensi, acuisce le capacità di osservazione.

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Benzoino - Ispirazione nella calma

Originario dell'Estremo Oriente, era esportato fin dall'antichità nel Mediterraneo. È la resina dell'albero Benzoe Siam, diffuso in Indocina.

Dolce e balsamico, ricorda la vaniglia. Si usa nelle miscele, quasi mai bruciato da solo (è irritante). Alla sera, insieme a cannella e sandalo, risulta calmante, rasserenante. Mentre, insieme a incenso e cedro, apre varchi sui mondi dello spirito.

Al benzoino viene inoltre attribuita un'azione di stimolo sulla creatività. Una ricetta fumigatoria tradidizionale, a base di benzoino, si chiama "Shakti" (in commercio): l'impronta femminile di questo aroma richiama i sentimenti amorosi, libera la fantasia e la creatività.

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Cedro - Il profumo dei giardini dell'Eden

Albero imponente, originario della Mesopotamia, quando era fertile. Se ne parla nel ciclo di Gilgamesh e in innumerevoli leggende. Si considerava l'albero delle rivelazioni: esporsi ai suoi fumi apriva alle ispirazioni sovrannaturali, da cui trarre saggi consigli.

Si usava nei rituali, anche a scopo di purificazione. Dona forza interiore e sicurezza nei momenti di crisi, conferendo fiducia e autostima. Nello stesso tempo riduce la pressione psichica e riporta un po' di serenità: non a caso è l’albero dell’Eden, dove non esisteva la fatica del vivere. In più, ha un effetto balsamico e anticatarrale. Oggi, questo legno si trova più spesso ridotto in polvere per fumigazioni. Il suo aroma è caldo e intenso.

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Ladano - Travolti da un'ondata di sensazioni

Il ladano è la resina di un arbusto, il Cistus creticus. Era l'aroma prediletto a Creta mentre oggi si coltiva in varie aree del Mediterraneo. Entra anche nelle fumigazioni giapponesi.

È un aroma molto complesso, affascinante.
Rafforza la percezione del corpo e la sensibilità in genere: si consiglia nei momenti in cui non riusciamo più a percepire noi stessi. Esporsi al suo profumo significa essere colpiti da immagini, ricordi e stati d'animo che normalmente non si provano. Corrobora quindi la forza dell'immaginazione.

Aroma caldo, terrestre, è utile quando non sentiamo più il terreno sotto i piedi, quando abbiamo bisogno di calore e solidità, fuori e dentro.
Storace - La gioia delle feste

Originario della Mesopotamia, è un cespuglio dal quale si ricava un balsamo liquido il cui aroma ricorda l'ambra: la pianta si chiama infatti Liquidambar.

Era considerato il profumo delle feste, forse perché – come sostenevano gli Egizi – dona energia psichica, vigore, autostima e potenzia la sensualità e le capacità seduttive. Venduto come "gomma storace", si usa spesso insieme al calamo e alla cannella.

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Sandalo - Il legno dell'energia psicofisica

Antico aroma della tradizione induista, si usa anche nelle pratiche di incinerazione. Si brucia il legno dell'albero Santalum album, che cresce soprattutto nell'India orientale.

Il sandalo è citato anche nei Veda e nel corso dei secoli gli indiani hanno imparato a utilizzarlo in molti modi, anche in medicina. In India è considerato un aroma che coltiva l'energia vitale, dunque ottimo per trattare stati di esaurimento psicofisico, nevrosi e stress.

Lo si inquadra anche come disinfettante degli ambienti chiusi. Bruciare un pezzetto di legno pregiato di Sandalo può alleviare il mal di testa.

Curiosità: Attenzione agli acquisti, perché in commercio si trovano legni, o polveri, spacciati come sandalo ma che in realtà non lo sono. In particolare, a volte si presenta come sandalo il legno di un albero sudamericano (Amyris balsamifera) che costa di meno. Il vero legno di sandalo è quello color sabbia.

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Lentisco (resina mastice) - L'espulsione della malattia

Questa resina era un "must" dalle isole dell'Egeo. Si ricava da una pianta cespugliosa(Pistacia lentiscus) ed è anche detta "lentisco".

In Grecia e nei paesi arabi si usa tradizionalmente in rituali curativi che prevedono la fumigazione. Ci si espone al fumo della pianta, chiudendo gli occhi e visualizzando "l'uscita" della malattia dal corpo. Le madri visualizzavano i figli immersi in una nuvola di questo fumo, come protezione dalle malattie. Utile in caso di stanchezza, apporta una sensazione di leggerezza: in più il lentisco favorisce la meditazione donando una sensazione di luce.

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Alloro - Il potere della chiaroveggenza

Pianta strettamente legata ad Apollo, entrava probabilmente nelle miscele fumigatorie dell'oracolo di Delfi.

L'aroma ha una personalità maschile e solare. Si usava come agente purificatore, soprattutto in caso di epidemie. Ma, storicamente, la sua caratteristica principale è legata alla capacità di favorire la chiaroveggenza e i sogni profetici.

Si può miscelare ad incenso, mirra, dictamo e ladano. Questi ingredienti costituiscono una miscela detta "Pythia".

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Ginepro - Energia e concentrazione

Una delle più antiche piante fumigatorie. Negli antichi testi erboristici medievali si riteneva una pianta che protegge dall'attacco dei demoni.

Aroma energizzante, favorisce le capacità di concentrazione. Interessante il suo impiego in convalescenza per ridare tono dopo la malattia. Si usa anche in Tibet nelle fumigazioni "dhupi": si praticano durante i rituali per aumentare la concentrazione spirituale. Si bruciano gli aghi o le bacche, spesso miscelate con altre resine, come quella dell'abete rosso o della sandaracca.

Una classica ricetta fumigatoria tibetana, che unisce il ginepro al rododendro, si chiama "Lawudo": conferisce stabilità psichica nei periodi convulsi.

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Rosa damascena - Il fiore dell'unione mistica

Il profumo preferito della spiritualità araba e sufi: per loro era la "madre di tutti i profumi". Importata in Europa dai Crociati.

Agisce sulla sfera affettiva, per lenirne le ferite. Apre il cuore e lo dispone all'ascesi.

Per i sufi la rosa di Damasco è il simbolo dell'unione spirituale con Dio.

I petali si aggiungono a varie miscele: famosa è la "Rosa mystica", ancora oggi in commercio, una carezza per il cuore sofferente.

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Jinkoh - Il legno della via dei profumi

È il legno di una pianta (Aquilaria agallocha), dotato di un profumo meraviglioso. In Giappone è ben conosciuto perché si usa nelle cerimonie Ko-doh (letteralmente "la via del profumo"). I rami sono adatti alle fumigazioni solo se infettati da un fungo che stimola la produzione della resina aromatica.

La raffinata cultura giapponese parla di "ascolto" dei profumi: percepirli in modo consapevole significa completare il proprio cammino di perfezionamento interiore. E il Jinkoh è uno dei protagonisti.

Jinkoh significa "legno che affonda", perché è più pesante dell'acqua. Lo si trova in scagliette minute, ma i giapponesi lo classificano in più varietà, alcune delle quali costosissime.

Esporsi al suo profumo alla sera favorisce il rilassamento: alcuni studi suggeriscono che in effetti migliori il sonno e abbia un potere calmante.

Il Jinkoh è conosciuto da sempre anche in Arabia (è citato nelle "Mille e una notte") come aroma erotizzante. È contenuto nella ricetta "Kyphi".
Copale - L'aroma di cui si cibano gli Dei

Esistono due alberi del copale (Protium copal e Bureseru microphylla), sacri alle popolazioni amerindie precolombiane. Maya e Aztechi offrivano la resina al dio del Sole nei riti, durante le cerimonie di iniziazione o divinazione.

Esistono tre tipi di resina copale.
Quella bianco-gialla ricorda l'incenso e sprigiona un aroma delicato, adatto all'introspezione. Il Copale nero è più forte e tenebroso, un tuffo nelle profondità dell'anima. Quello color oro stimola l'ispirazione, l'immaginazione e la fantasia.

Secondo la tradizione mesoamericana queste resine sono doni del Giaguaro, simbolo del Sole. Si considerava il cibo degli Dei: far salire i fumi verso il cielo significava ingraziarsi le massime divinità del pantheon.
Come si usano gli incensi?
A parte i bastoncini dei vari incensi presenti in commercio, possiamo procedere alle fumigazioni in un modo più tradizionale.

Si tratta di procurarsi un incensiere e gli appositi carboncini su cui bruciare resine, legni o altre parti vegetali. In commercio si trovano carboncini a combustione rapida (durano 20 minuti) oppure lenta (fino a un'ora).

Si procede così:
Mettete uno strato di sabbia nell'incensiere.
Usando la fiamma di una candela, accendete il carboncino tenendolo con una pinzetta.
Riponete il carboncino sulla sabbia.
Quando il carboncino smette di crepitare, potete porre le sostanze che volete bruciare sopra il carboncino. Bastano alcuni pizzichi.
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