Quando
è nata la prostituzione? Dove? Perché? Le professioniste dell’amore
sono presenti in ogni epoca, ma con ruoli e status sociale sempre
diversi e spesso sorprendenti.
Etèra,
meretrix, cortigiana, fille galante, mantenuta, lucciola, bella di
giorno, puttana... e l’elenco potrebbe continuare, fino alle escort e
alle sex workers di oggi. È comunque quello che, con un eufemismo e
molta maschile arroganza, chiamiamo il più antico mestiere del mondo.
Ma
lo è per davvero? In realtà no, perché il concetto di prostituzione
implica un contesto di rapporti economici e culturali che è estraneo
all’uomo primitivo.
Osservando
le nostre cugine scimmie si è portati però a credere che la
prostituzione abbia, in un certo senso, basi biologiche. Fra gli
scimpanzé pigmei dell’Africa Centrale, per esempio, le femmine si
concedono ai maschi in cambio di frutti e altre leccornie. Perché lo
fanno?
Dovendo sostenere per anni il mantenimento di cuccioli, la natura impone
loro di selezionare maschi che “pagano”, cioè aiutano a mantenere i
piccoli. E i doni finiscono per essere desiderati da queste scimmie
anche in assenza di piccoli da mantenere...
Affreschi in un postribolo di Pompei.
CACCIATRICE DI UOMINI
La prostituzione umana ha però radici diverse. Ai tempi dell’uomo
preistorico la coppia era probabilmente a termine (ai 6 -7 anni di età, i
figli passavano sotto il controllo della tribù) e, secondo gli
antropologi, nel sesso anche la donna era “cacciatrice”.
Solo con lo sviluppo dell’agricoltura e il passaggio dalla vita nomade a
quella stanziale, circa 10 mila anni fa, nacquero, con la coppia
stabile, la divisione fra sessualità maschile e femminile e,
contemporaneamente, una divaricazione nel destino sociale delle donne.
Il motivo fu in effetti soprattutto economico: per difendere e
tramandare la proprietà privata (nata appunto con l’agricoltura) ai
propri figli maschi, la paternità doveva essere certa. Quindi diventava
necessario imbrigliare la sessualità della “moglie”, limitandone le
relazioni sociali al di fuori della famiglia. È a quel punto che, per
soddisfare la richiesta sessuale dei maschi non accoppiati e le
“eccedenze” di sessualità di quelli già accoppiati, nacquero le prime
forme di prostituzione femminile, che da una parte non mettevano a
repentaglio la famiglia e dall'altra permettevano la sopravvivenza di
molte donne sole.
SESSO SACRO
In origine alla prostituzione si dedicavano le schiave, le giovani
sterili o le vedove senza protezione, ma c'erano anche culti che la
incoraggiavano (anche quella maschile) e sacerdotesse che diventavano
prostitute sacre (vedi notizia).
L’istituzione delle prime case di tolleranza si fa invece risalire al
padre della democrazia: Solone, il riformatore di Atene (VI sec. a. C.).
Nella società ateniese, la vita sessuale maschile era a due facce: una
privata, orientata verso le donne, di cui però si pensava non valesse la
pena di parlare; l’altra pubblica, orientata verso i ragazzi. La
disparità dei prezzi (vedi la gallery Millenni di sesso e soldi, più
sotto) fa capire che vi erano diversi mercati sessuali per clientele
diverse e con funzioni sociali diverse.
Al livello più basso vi erano le pornai dei bordelli pubblici, schiave
appartenenti a un custode, il pornoboskos, che era tenuto a pagare una
tassa sulla rendita delle sue dipendenti a un funzionario statale che si
fregiava del titolo di pornotelones. Appena un gradino più in alto vi
erano le prostitute da strada: potevano essere donne libere ma povere,
oppure schiave.
Gli archeologi hanno ritrovato un sandalo disegnato in modo da lasciare
impressa nella polvere la parola greca akolouthi (seguimi). Le
danzatrici e le suonatrici che provvedevano a procurare l’indispensabile
intrattenimento durante i banchetti erano un po’ più care.
Vi erano poi le etère, collocate sul gradino più alto della scala:
alcune offrivano i loro favori a chiunque, altre a clienti fissi che
però tenevano nascosti uno all’altro. Anche i filosofi frequentavano le
etère; molte entravano nella scuola di Epicuro, anche come studentesse, e
lo stesso Socrate si intrattenne varie volte con Aspasia.
Affresco in un lupanare di Pompei
FORNICARE SOTTO GLI ARCHI. Parente dell’etèra greca era nell’antica
Roma la raffinata meretrix, mentre il popolo frequentava le prostitute
dei lupanari, le lupae appunto. Nei bordelli (postribula) si
incontravano schiavi, artigiani, soldati e marinai. L’élite, che aveva
schiave in abbondanza per i propri piaceri, disprezzava quei posti.
Luoghi di prostituzione erano taverne, bagni, terme (ad stuphas), le
osterie con alloggio situate lungo le grandi vie romane, e sotto gli
archi (fornices, da cui deriva il nostro verbo fornicare) dei principali
edifici pubblici cittadini.
Le prostitute di basso rango erano, per la maggior parte, di proprietà
di un leno, padrone di schiavi, mezzano e protettore (assistito da un
servo detto villicus puellarum) che rastrellava l’intero bacino del
Mediterraneo alla ricerca di ragazze e bambini da vendere sulla piazza
del sesso a pagamento.
Accanto alla prostituzione femminile era infatti diffusa anche quella
infantile, finché non fu proibita da un editto di Domiziano (fine I sec.
d. C.). «Nessuno ti impedisce di andare dai prosseneti (mezzani)»,
esclama un personaggio di Plauto, «a patto che tu non tocchi una donna
sposata, una vedova, una vergine, una giovane o dei fanciulli di nascita
libera, ama chi vuoi!»
E Catone il Censore si felicita così con un amico incontrato all’uscita
di un lupanare: «Bravo! È qui che i giovani devono soddisfare i loro
ardori, piuttosto che attaccarsi alle donne sposate!»
Banchetto con etère nell'antica Grecia: gli amanti erano ostentati, le amanti nascoste
32 MILA PROSTITUTE
I Greci avevano un magistrato addetto al controllo della prostituzione,
mentre a Roma esisteva un “tribunale domestico” che vegliava sulla
condotta di 32 mila prostitute. Durante l’impero divennero un capro
espiatorio della crisi e furono oggetto di leggi speciali. Caligola (che
pure aveva fatto aprire un bordello a corte) tassò le prostitute con il
vectigal (abolito in seguito da Settimio Severo), Domiziano tolse loro
il diritto di successione, Teodosio il Giovane soppresse i lupanari e
punì con pene severissime i genitori che costringevano le figlie a
prostituirsi. Giustiniano infierì su lenoni e tenutari, mandandone a
morte alcuni, e introdusse protezioni per le prostitute che intendevano
cambiare vita. La sua stessa moglie,Teodora, secondo lo storico Procopio
di Cesarea, avrebbe esercitato in gioventù il meretricio.
CONDANNA COL FUOCO
Presso i barbari sembra che la prostituzione fosse meno diffusa. Ma
Teodorico, re degli Ostrogoti, decretò la pena di morte per coloro che
accoglievano presso di sé “donne infami”. Pene severe contro il
commercio del corpo furono emanate anche da Carlo Magno e dai suoi
successori: per esempio, percorrere per 40 giorni la campagna, nuda fino
alla cintola, con il motivo della condanna scritto in fronte con un
ferro rovente. A partire dalla metà del XIII sec., col fiorire delle
attività mercantili, la cura dei postriboli divenne anche motivo di
propaganda politica: era simbolo dell’efficienza dello Stato.
Molte prostitute si spostavano secondo il calendario di fiere, mercati,
pellegrinaggi, concili. Oppure accompagnavano gli eserciti (consuetudine
tramandatasi fino a epoche recenti: si pensi alle francesi putaines de
regiment della Prima guerra mondiale), compresi quelli crociati. Quando
re Luigi IX di Francia proibì ai suoi uomini di portarsele dietro (VI e
VII crociata), essi rimediarono con schiave musulmane.
Nel 1400 la paura dello spopolamento dovuto a guerre ed epidemie fu
all’origine, indirettamente, delle fortune del meretricio. Secondo le
autorità civili era infatti necessario convincere molti giovani,
distratti dai “crimini contro natura” (sodomia e masturbazione), a
riscoprire le gioie dell’accoppiamento eterosessuale come viatico per il
matrimonio e la procreazione.
Il Rinascimento vide affermarsi la cortigiana (così chiamata perché
seguiva le corti), che ricalcava la figura dell’etèra greca. Le
meretrices honestae possedevano un’educazione raffinata e nelle loro
dimore passavano cardinali, artisti, nobili e re. Ma «per una che riesce
ad acquistarsi delle terre al sole», scrisse Pietro Aretino nel 1536,
«ce ne sono mille che finiscono i loro giorni in un ospizio».
Una foto alle pareti di una casa di appuntamenti degli Anni '30: serviva ad accendere le fantasie dei clienti.
LE REGOLE DI NAPOLEONE
L’atteggiamento della società verso le prostitute mutò quando in Europa
si diffuse la sifilide, considerata un castigo divino, e prese avvio il
vasto movimento di moralizzazione promosso da Riforma e Controriforma.
I postriboli vennero chiusi, le prostitute sottoposte a pesanti
imposizioni fiscali e si tentò di relegarle in quartieri-ghetto.
Tolleranza e repressione si alternarono nel corso dei secoli.
Fino a Napoleone, fondatore della moderna regolamentazione delle case di
tolleranza (passate sotto controllo dello Stato nel 1804; l’Italia ne
seguì l’esempio col regio decreto del 15 febbraio 1860).
10 ANNI DI BATTAGLIE
Sempre nell’800 prese piede la casa d’appuntamenti, dove l’incontro fra
cliente e prostituta si accompagnava a una parvenza di seduzione. È del
1904 il primo accordo internazionale contro lo sfruttamento della
prostituzione, del 1910 la convenzione per la repressione della
cosiddetta “tratta della bianche”.
Nella Russia dei soviet la prostituzione, considerata vergognoso
retaggio dello “sfruttamento capitalistico”, resiste: nel ’22 furono
censite 62 mila prostitute a Pietrogrado e Mosca. Solo nel ’46 la
Francia chiuse i bordelli, seguita dalla Germania. In Italia la legge
per l’abolizione delle case chiuse, presentata dalla senatrice
socialista Lina Merlin nell’agosto del ’48, passò 10 anni dopo, il 4
marzo ’58, tra accese polemiche e tesi ancora oggi dibattute.