venerdì 13 marzo 2020

Una vita in pantaloncini corti


uomo in spiaggia
E’ arrivato il freddo e con esso aumenta ogni giorno che passa la mia voglia, nonché esigenza, di caldo. Qui in Italia trovo sollievo e soddisfazione solo stando vicino ai termosifoni, o ai pannelli radianti di Riscaldo oppure all’interno di qualche sauna di qualche palestra, o ancora grazie alla sensazione di aumento di circolazione provata nel post movimento/allenamento.  Certo tutto questo non è l’ideale,  ma aiuta a sopperire alla mancanza di luce, di calore e di raggi solari curativi che in queste stagioni più fredde vengono a mancare.
Sogno una vita che mi permetta di stare tutto l’anno in maniche corte e bermuda, liberamente scalzo. La specie umana è nata per stare all’aria aperta, a piedi nudi e con più pelle possibile esposta al sole, e non coperta da capotti e maglioni. Trovo quindi molto innaturale portare le scarpe per il freddo, ma purtroppo è per molti un esigenza. Ora qui le soluzioni sono due: o si sposta l’asse terrestre o cambiamo emisfero e ci spostiamo noi ai tropici.
Credo fortemente che il clima ideale per la nostra specie sia quello tropicale, e che qui al freddo l’uomo si ritrovi in ambiente inadatto ed errato.
Durante la sua evoluzione la razza umana è migrata dai luoghi in cui è nata adattandosi a nuovi ambienti, ma ha pagato, e sta pagando tutt’ora, questa alterazione del ciclo naturale con la diminuzione del suo ciclo di vita. Senza entrare troppo nello specifico basti pensare agli esquimesi che vivono al gelo, mangiando solo grassi animali, ed hanno una vita media di 35/40 o 50 anni a seconda delle fonti consultate.
Il corpo si abitua a tutto pur di sopravvivere, questa attitudine dell’organismo ha dato la possibilità all’uomo di insediarsi in zone non ideali alla propria specie apparentemente senza troppe difficoltà, anche se in realtà questo lo ha portato a subire un grosso dispendio energetico le cui conseguenze sono state malattie e diminuzione della durata della vita, nonché diminuzione delle qualità della stessa.
Per diverse motivazioni vivere al gelo non offre le stesse opportunità e condizioni adatte alla socializzazione che si hanno nei luoghi caldi. Non a caso i popoli tropicali, specie quelli sudamericani, sono sempre allegri nonostante le proprie condizioni culturali, economiche e sociali che sono molto più “difficili” rispetto le nostre.
Volendo ragionare con il buon senso vi sono molti punti di vista che possono essere affrontati insieme riguardo la questione, innanzitutto l’alimentazione:
Come molti di voi già sanno, noi di Fruttalia crediamo che la dieta ideale dell’uomo sia quella fruttariana o frutto vegetale (fruttaliana), e di fatto qui in inverno non c’è a nostra disposizione tutto il cibo vegetale di cui avremmo bisogno, frutta che è invece presente durante tutto l’anno ai tropici.
Passiamo poi alla questione energetica:
La perdita di foglie da parte delle piante e i periodi di letargo, o più semplicemente l’aumento di ore di sonno, affrontati dagli animali sono tutte tecniche per limitare il consumo di energia e risparmiarne quanta più possibile. Nell’uomo questo meccanismo non avviene, ma anzi continuiamo a lavorare e spremerci energeticamente anche e soprattutto d’inverno mangiando addirittura più che in estate. Il mangiare in eccesso provoca stimolazioni compensatorie alternative al nostro sistema biologico, che si riscalda per la maggiore energia generata dalla digestione e dal metabolismo aumentato. Questo dispendio genera affaticamenti e sprechi a livello di energie vitali. Tutto questo però, si potrebbe evitare con un bel paio di raggi di sole rigeneratori in più.
Anche l’uomo come gli animali dovrebbe diminuire la propria alimentazione, specie quella invernale, seguendo di più l’istinto e la natura; è questione di buon senso. Non andiamo in letargo semplicemente perché il corpo si adatta e compensa come meglio può, ma se osserviamo la natura le piante producono meno frutti in inverno e di conseguenza di meno cibo dovremmo dunque nutrirci avendone una disponibilità minore.
La Teoria che l’uomo sia un animale tropicale non è solo mia, ma nasce da studi antropologici e realtà storiche.
Il progetto “Uomo” nasce moltissimi anni fa nell’Africa subtropicale (alcuni parlano del Kenia) e si sviluppa sempre rimanendo in climi caldi. Tutte le più grandi civiltà sono nate e si sono espanse in climi temperati, vedi i sumeri ad esempio, i popoli della valle dell’Indo, gli egiziani, gli ebrei e così via… insomma “una vita in pantaloncini corti”.
spiaggia tropicale
Ben poche civiltà si sono spinte verso nord e quelle che lo hanno fatto hanno subito gravi ripercussioni sia sulla qualità che sulla durata della vita, ma soprattutto sono state obbligate a trasformare, riutilizzare e sfruttare la natura in modo innaturale ed eccessivo; vedi ad esempio l’uccisione di animali per procurarsi il pellame o ancora l’impiego degli alberi per il fuoco, pensate che gli antichi Romani per alimentare le terme cittadine hanno disboscato gran parte delle foreste del Lazio.
Quello che posso dire io è che l’uomo nasce nudo e non con la pelliccia. Neanche in Svezia, Groenlandia o in Alaska l’uomo possiede protezioni naturali ed è quindi impreparato a vivere al freddo. Insomma sono si d’accordo che l’uomo è in grado di adattarsi a tutto, l’ho sempre sostenuto e anche scritto in precedenza qui nel blog, ma trovo sia comprensibile la ricerca di una migliore qualità della vita.
La voglia di poter vivere in maglietta e pantaloncini tutto l’anno mi spinge da sempre verso terre tropicali, dove poter stare scalzo camminando su sabbia o erba mangiando ottima frutta in ogni stagione. Al caldo mangeremmo anche di meno perché sarebbe il corpo stesso a richiedere quantità minori di cibo, compensate dall’energia solare e dalla diminuzione di preoccupazioni. Questo ci aiuterebbe ad avere sangue più fluido e scorrevole senza attriti all’interno dell’organismo e quindi maggiori possibilità curative auto-prodotte.
Ovviamente non bisogna vivere male il freddo, così come qualsiasi altra cosa nella vita. Amare tutto e tutti vivendo in armonia con l’universo è uno dei miei principali obbiettivi! Onestamente però non lo gradisco così come non gradisco i disagi che esso comporta, quindi potendo scegliere lo eviterei. Il freddo non è consono ne sinergico alle nostre attività biologiche interne, e anche se ormai abbiamo imparato benissimo ad adattarci e ad affrontare qui l’inverno, non è l’ideale.
Da quando seguo il sistema Fruttalia devo dire però che va meglio, di fatto ne soffro meno, certo lo sento ancora, ma non lo percepisco più come dolore o fastidio vivendolo ora unicamente come freno biologico alle guarigioni e all’allegria emozionale. C’è anche da dire che grazie a Dio vivo a Roma, un luogo dal clima mite, un luogo che gli antichi romani scelsero non a caso. Ad ogni modo per i miei standard è già freddo anche qui, dove l’inverno “rigido” si patisce solo a Gennaio/Febbraio, e il solo fatto di doversi mettere una giacca anche a marzo o dicembre equivale per me a sentire freddo.
Comprendo i punti di vista diversi dal mio, ma sono convinto che noi “siamo energia”, lo siamo in una forma ancora non evoluta che ha bisogno di ingerire sostanze che creino attrito della circolazione sanguigna per generare calore (leggi anche Attriti interni, ostruzioni e recupero della mobilità fisica).
Muoviamoci dunque verso una trasformazione ad energia solare che comporti più cibo sano, più liquido dalla frutta e meno cibo solido. Cerchiamo di dirigerci verso una decrescita felice che ci porti ad una nuova rinascita di coscienza, e chi può inizi a pensare all’idea di emigrare in posti caldi e bellissimi che fortunatamente ancora oggi esistono su questo pianeta, un’alternativa fra tutte il nostro progetto tropicale Ubuntu (Ecovillaggio Ubuntu;… Frutta, Sole, Mare, cooperazione).
Per chi decide di restare invece,  può semplicemente  organizzarsi al meglio per resistere al freddo e alla mancanza di sole e calore, reagendo con attività fisica, o  con i mezzi riscaldanti tecnologici più vicini possibili alla natura.
Buon sole e buon calore a tutti.


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