Abracadabra è la formula magica più conosciuta al mondo e forse anche una delle più antiche. Se oggi è usata da numerosi prestidigitatori, era usata in passato come talismano e amuleto tramandandoci l’uso della parola come strumento magico in grado di cambiare la realtà sensibile: il potere evocativo dell’abracadabra diventava così potere creativo, trasformando colui che la pronunciava nell’intermedio tra il mondo misterico e quello materiale.
Per molti, questa parola rimasta invariata in tutte le lingue è ancora circondata da un alone di mistero. Molte sono le teorie che hanno tentato di scoprire la sua origine e il suo vero significato ma più ci si addentra nella storia antica alla ricerca della sua origine e più questa sembra scivolarci tra le dita fuggendo alla nostra comprensione.
Usata a scopo curativo, protettivo e rituale sin dall’antichità, la parola preferita dei maghi, stregoni, illusionisti ed imbroglioni, non manca ancora oggi di catturare il nostro interesse.
Le origini dell’antica formula magica “abracadabra“
Le prime referenze della parola “abracadabra” sembrano risalire al II secolo a. C. Nel suo poema De Medicina Praecepta Saluberrima, conosciuto anche come Liber Medicinalis, lo studioso romano Quintus Serenus Sammonicus prescrive a chiunque sia affetto dalla febbre emitritica di indossare un amuleto contenente la parola abracadabra scritta a forma di cono rovesciato, ripetendola per undici volte con l’accortezza di levare ogni volta l’ultima lettera.
Anche se sappiamo che questo termine è usato sin dall’antichità e nel modo greco-romano, la sua etimologia e il suo significato restano, ahinoi, incerti ancora oggi nonostante numerosi studiosi abbiano tentato di penetrare i segreti della sua origine.
Le teorie sulle origini semitiche: una formula per benedire o per distruggere?
Secondo la teoria di alcuni studiosi, la parola “abracadabra” deriverebbe dall’ebraico ab ben ruach hakodesh, ovvero “Padre, Figlio e Ispirazione divina”, che non sarebbe da ricondurre come si pensa erroneamente alla santissima Trinità, in quanto rientrerebbe nella proibizione di idolatria per la religione ebraica, ma sarebbe da attribuire ad un’invocazione degli attributi divini.
Elhiu Katz, sociologo specializzato nelle ricerche sulla comunicazione, ipotizzava invece che l’origine della parola “abracadabra” potesse derivare dalla scrittura bustrofedica di arba (quattro), dâk (del verbo “rompere”) arba, componendo la seguente formula: “Il quattro (il Tetragramma YHWH) distrugge i quattro (elementi)”. Altre ipotesi menzionano una derivazione dall’aramaico ha-bĕrakāh dabĕrāh, “pronunciare la benedizione”, oppure da Abreq ad habra , “invia la tua folgore fino alla morte”.
Secondo la tradizione biblica occorrerebbe usare, invece di abracadabra, la locuzione abra-ka-amra che significa “è creato mentre viene detto”.
La teoria gnostica e le gemme magiche
Secondo Helena P. Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica e famosa saggista occultista, abracadabra troverebbe la sua origine nel termine “Abraxas” o “Abrasax”, parola gnostico-mitraica che rappresentava la mediazione fra l’umanità e il dio Sole o ancora, come rivelano i codici di Nag Hammâdi, il nome dell’Eone, dio supremo della corrente gnostica, superiore al Demiurgo, identificato nel dio dell’Antico Testamento.
Questa parola era scritta in antichità su numerose gemme, nella maggioranza dei casi chiamate “pietre di sangue”: eliotropio e ematite; assicuravano al loro portatore salute, aiuto e protezione. Sembra che alcune di queste gemme erano anche dedite alla protezione dal mal di stomaco e ritenute efficaci a tale scopo anche dal noto Galeno che, tuttavia, attribuiva le virtù mediche dei talismani alla natura stessa della gemma più che all’iscrizione stessa.
Altre pietre proteggevano dai demoni mentre alcune ancora servivano come talismani d’amore: oltre alla parola “Abraxas” vi erano iscritti i nomi delle due persone che si voleva unire, su entrambi i lati della pietra.
Parola magica, promemoria esoterico o scrigno di conoscenze matematiche?
Al di là dell’uso della parola abracadabra nei trucchi di magia e sui palcoscenici di tutto il mondo che tuttavia le ha permesso di attraversare sia i millenni che gli oceani in virtù della curiosa tendenza umana a ripetere gesti e parole spesso senza capirne né il significato né l’origine, la sua funzione apotropaica è rimasta inalterata in ambienti sia esoterici e magici che in quelli contadini, nei quali troviamo spesso i vestigi di molte credenze di età precristiana.
La sua funzione magica cambierebbe in base alla struttura del triangolo che conterrebbe al suo interno la parola magica. La punta rivolta verso il basso sarebbe usata per distruggere o far sparire il male, come la parola stessa che andrebbe a diminuire fino a scomparire. Con la punta verso l’alto, il triangolo avrebbe la funzione di cono di potere, per incanalare ed aumentare la magia.
Carlo Levi, che si laureò in medicina prima di intraprendere la sua florida carriera artistica, narra nel suo libro autobiografico Cristo si è fermato a Eboli (Ed. Einaudi) di aver notato spesso il triangolo dell’abracadabra rivolto verso l’alto, portato come ciondolo in metallo o come foglietto scaramantico, dai contadini della Basilicata, chiamata allora “Lucania” sotto il regime fascista.
Sul potere magico, o meglio, matematico dell’amuleto triangolare con la punta verso l’alto, vi è un’interessantissima teoria che illustra quanto possa fungere da promemoria della scienza iniziatica antica di probabile matrice neoplatonica.
Per alcuni studiosi, si tratterebbe di una rappresentazione del triangolo di Tartaglia, meglio conosciuto come il triangolo di Omar Khayyam nell’antica Persia oppure di Yang Hui in Cina. Questo triangolo rappresenta la disposizione geometrica dei coefficienti binomiali e racchiuderebbe al suo interno, oltre alle 19 proprietà matematiche per le quali è diventato famoso, le leggi del Logos: la prima emanazione divina secondo il neoplatonismo di Plotino ovvero il potere della Parola divina creatrice.
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