Stare soli quando non è una scelta può essere un pesante fardello da portare, soprattutto in questo periodo di isolamento e distanziamento sociale durante il quale siamo separati dai nostri famigliari e dai nostri amici più cari, senza sapere quando ci potremo rivedere di nuovo, con genuina spensieratezza. In queste condizioni, la solitudine può lasciare un’impronta non indifferente sul nostro stato d’animo in quanto viene vissuta come un’imposizione, un’ ingiustizia.
La privazione prolungata di un contatto essenziale con l’altro può portare ad un deterioramento della qualità della vita soprattutto quando si ha un temperamento estroverso, portato alla vita sociale. Pensiamo per esempio ai giovani che si sentono smarriti in questo clima incerto, senza poter contare sul supporto reale e non virtuale dei propri pari.
Quando la solitudine non deriva da una scelta consapevole ed è invece imposta per varie ragioni è difficile pensare che possa avere un aspetto positivo, ma se non riusciamo a vederlo, possiamo crearlo.
La solitudine sembra quindi avere due volti in questo periodo di pandemia. Ovviamente, ogni caso è a sé e molto dipende dal temperamento di ognuno: estroverso o introverso, e a quanto riesce a stare bene con se stesso. In realtà, la sensazione di solitudine può giungere anche quando si ha una florida vita sociale: sarà capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di sentirsi soli in mezzo alla folla per cui possiamo dire che la solitudine è uno stato d’animo e proprio per questa sua natura va legittimata e riconosciuta.
Se proviamo solitudine, possiamo accogliere il nostro sentire senza giudicarlo e permettergli di occupare spazio nella nostra vita, anche se si tratta di un ospite sgradito perché non basterà girare lo sguardo da un altra parte per farlo sparire. Quel disagio, quel malessere, rimarrà lì fino a quando avremo imparato a “conversare” con lui.
È questa apertura al dialogo col proprio malessere interiore che può rendere la solitudine trasformativa, in quanto ci può aiutare ad avere un maggiore contatto con noi stessi, con le nostre emozioni, con le nostre percezioni. A difetto di avere un maggiore contatto con l’esterno, ci si ritrova a fare la conoscenza di se stessi, ad ascoltarci, ad abitarci: in poche parole, ad entrare in contatto con la nostra individualità più profonda.
In questo caso, questo stare da soli potrà paradossalmente aiutarci a non sentirci soli, perché avremo imparato a sentirci bene con noi stessi e non proveremo più quella terribile sensazione di sentirci isolati anche se viviamo in compagnia. Il distacco dal mondo dell’esteriorità, con tutte le sue regole ed imposizioni sociali che possono discostarsi molto da ciò che risuona con la nostra personalità, può aiutarci a capire meglio cosa vogliamo nella vita, cosa risuona con ciò che siamo e comprendere cosa invece ci fa violenza.
Trasformare la solitudine in opportunità
Quando si parla di solitudine si ha tendenza a percepire il silenzio e la noia come dei pesi da sopportare quando in realtà possono essere dei validi alleati nei momenti in cui dobbiamo ritirarci per un po’ dal mondo.
L’effetto collaterale della noia: la creatività
Alcune persone preferirebbero auto-somministrarsi delle piccole scosse elettriche piuttosto di annoiarsi per 15 minuti di fila: è ciò che è emerso da uno studio pubblicato da un team di psicologi dell’Università della Virginia, intitolato Just think: the challenges of the disengaged mind.
Annoiarsi di certo non è una delle (in-) attività preferite del genere umano, ma se fossimo in grado di accogliere la noia ogni tanto, senza sentire l’imperiosa necessità di fuggire da essa, potremmo cogliere i suoi doni inaspettati.
La noia provoca in noi un tale senso di insoddisfazione, di frustrazione da spingerci a non darci pace nel cercare uno stimolo pur di dare un termine a quella sensazione di sconforto che ci opprime quando ci sentiamo isolati. Maggiore sarà la frustrazione e più grande sarà la ricerca di una “scappatoia” in grado di strapparci dalle grinfie della noia ma è proprio quando si sprofonda in questa condizione di insofferenza che si attiva in noi una capacità preziosa: la creatività.
Il silenzio ci invita alla consapevolezza
La solitudine ci permette di prendere le distanze dai rumori del mondo esterno e riscoprire il meraviglioso potere del silenzio. Certo, non sentire più il continuo vociare della gente o ancora i rumori assordanti legati alla sfera lavorativa può avere un certo effetto rigenerante; pensiamo alle cassiere che sentono ogni 3 secondi, per 8 ore di fila, il fastidioso “bip” della scansione del codice a barre, oppure al rumore assordante dei motori e vari macchinari nella fabbriche. Ma oltre al silenzio esterno, ciò che la solitudine può portarci è il silenzio interno: il silenzio dei pensieri.
Il silenzio dei pensieri, praticato attraverso la Mindfulness o altre pratiche meditative, può aiutarci a sviluppare una maggiore consapevolezza del momento presente così da uscire dal circolo vizioso dei pensieri giudicanti. Il silenzio dei pensieri è anche un valido alleato nell’allenarci alla pazienza, al lasciare andare, al non-attaccamento e al non-giudizio.
→ Potrebbe interessarti: Quando il silenzio dei pensieri è la risposta al tuo malessere
La solitudine ci aiuta quindi a ritrovare la nostra autenticità. Può anche essere un atto di ribellione al rumore mentale, alla confusione collettiva, alle imposizioni sociali, alla fuga da se stessi. La solitudine può essere lo spazio in cui incontrarci davvero e fare la nostra conoscenza, senza fretta, senza giudizio, con gentilezza, così da non sentirsi più soli, nemmeno quando un domani staremo di nuovo tutti assieme.
“Quando si evita a ogni costo di ritrovarsi soli, si rinuncia all’opportunità di provare la solitudine: quel sublime stato in cui è possibile raccogliere le proprie idee, meditare, riflettere, creare e, in ultima analisi, dare senso e sostanza alla comunicazione.”
(Zygmunt Bauman)
https://www.eticamente.net/69488/la-solitudine-quando-e-indesiderata.html
Nessun commento:
Posta un commento