C’è nella mitologia una divinità particolare, ambigua, che ha lasciato un’impronta importante in ognuno di noi. Si tratta del dio Pan. Era un dio metà uomo e metà capra, figlio abbandonato dalla madre e portato nell’Olimpo da suo padre il dio Ermete secondo alcune versioni del mito, anche se si narra altrove di un Pan primordiale: un dio delle origini legato alla potenza della natura di cui era custode.
Era assimilato a Phanes (da phainō , “che porta la luce”), altro nome di Protogonos, il “primo nato”. Alcuni mitografi narrano che fu allattato da Amaltea assieme a Zeus, altri affermano che Pan era il più antico dell’Olimpo, colui che insegnò la divinazione ad Apollo ed addestrò i cani di Artemide.
Il nome di Pan deriverebbe secondo alcuni studiosi dal greco antico Πάν, “tutto”. Era un dio dei pascoli, della vegetazione, della forza vitale della natura, della fertilità ma anche dell’istinto primitivo e della paura. Il suo urlo incuteva un tale terrore che bastava a far scappare a gambe levate i più coraggiosi. Si narra infatti che durante una battaglia tra i Greci e i Celti, il dio Pan intervenne e incusse un tale terrore panico negli invasori che questi batterono in ritirata. Dietro il panico infatti ci sarebbe proprio questa divinità, figura archetipica dell’inconscio collettivo.
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Pan, il terribile: la forza incontrollabile dell’inconscio
James Hillman, il noto psicologo, allievo di Carl G. Jung e fondatore della psicologia archetipica, intuì quanto questa figura era ancora presente nell’inconscio collettivo e scrisse in proposito il libro “Saggio su Pan”. Secondo l’illustre autore il panico, lo stupro, la masturbazione, l’incubo, la malia delle ninfe, la sincronicità erano tutti fatti oscuri che in qualche modo si rivelavano governati dal potere di Pan, forza archetipica presente nell’inconscio di ognuno di noi.
Nei miti antichi Pan prese le sembianze di una divinità terribile, panica, ma secondo Hillman, questa forza archetipica incontrollabile potrebbe permetterci di comprendere e canalizzare, grazie al principio “Similia similibus curantur” la potenza istintiva, fonte di terrore e comportamenti incontrollabili, di cui è genitrice, in una coscienza riflessiva dove Pan diventa osservatore, portando la brutale istintività alla saggezza, alla consapevolezza.
Ne è un esempio il mito della nascita del flauto di Pan in cui il dio rincorre una ninfa che scappa di fronte a lui, si potrebbe dire “in preda al panico”.
Il mito della nascita del flauto di Pan: il valore salvifico della creatività
Pan era conosciuto in tutta la Grecia per il suo irrefrenabile appetito sessuale e rincorreva le ninfe che scappavano di fronte a lui, terrorizzate. Uno dei miti più famosi narra di uno di questi eventi che diede origine al flauto di Pan, lo strumento che molti pastorelli amavano creare e suonare in mezzo ai pascoli.
Mentre Pan si aggirava per i boschi com’era sua abitudine, vide la bella Siringa, ninfa e figlia di Ladone, un dio fluviale. Il dio la inseguì per possederla ma lei riuscì a scappare gettandosi nel fiume e implorando suo padre e le altre Naiadi di salvarla. Prima che il dio poté raggiungerla, fu trasformata in canne palustri. Il vento soffiò tra le canne ed emise un suono così delicato che Pan decise di coglierle e riprodurne le melodie. Fu così, secondo la leggenda, che nacque il flauto di Pan, in onore della ninfa Siringa.
Questo mito ci offre una chiave di lettura simbolica interessante. Il desiderio violento ed irrefrenabile di Pan, inteso non più come divinità ma come il principio della natura che lui incarna, risponde al richiamo di unione con la natura stessa personificata dalla ninfa che, nel caso di Siringa, porta ad una trasformazione profonda, radicale, senza mezzi termini. Il mito ci parla di trasformazione, di un cambio di forma dal principio spirituale (la ninfa intesa come spirito della natura) alla canna che canta sulle rive del fiume, alla natura terrena, reale, incarnata.
Pan cerca di possedere lo spirito della natura ma non può: lo spirito fugge di fronte al suo approccio violento. Si rifugia nell’acqua, all’origine della vita e lo spirito della natura s’incarna, diventa pianta, diventa materia, così compare il vento, lo pneuma, il soffio divino che la anima. Compare il suono, il logos, l’inizio di “tutto”.
L’energia primordiale ed istintiva (Pan) si fa canale del soffio divino per lasciare posto ad una melodia delicata e gentile, alla creatività ispirata che pervade il mondo grazie alla musica del flauto. La ninfa si unisce a Pan non attraverso la sessualità sregolata ma attraverso l’arte, la musica, portando il dio dall’irragionevolezza più totale alla Bellezza. Pan diventa così un ponte tra il sacro e il profano, tra l’animalità e l’uomo, tra lo spirito e la materia: un dio del “Tutto”. L’energia impetuosa, archetipica di Pan può quindi trovare una direzione: la natura animale avanza, evolve, agisce, crea, nutre, sostiene il cammino dell’uomo che la custodisce in sé e diventa guardiano del mondo selvaggio, della danza, dei boschi, dell’istinto e della sacralità della natura terrena attraverso la creatività.
Pan il Grande è morto. O forse no…
Duemila anni fa or sono Plutarco raccontò la storia di Tamo il marinaio che era diretto verso le coste italiche. Di colpo il vento sparì, non vi era più nessuna brezza a gonfiare le vele. Pan il Grande era morto. Al suo arrivo al porto annunciò la disgrazia e un grido di dolore si propagò su tutta la terra.
Assieme a Pan sparirono anche le ninfe, le naiadi, i satiri, gli spiriti della natura… Assieme a Pan un mondo intero era morto, o così dicono. Forse Pan era “morto” come Siringa a sua volta, che lasciò una forma per abbracciarne un’altra. Forse Pan il Grande era morto come dio, ma nulla ci vieta di credere che il suo furore panico sia vivo nella pulsione creativa che infuoca l’animo umano, nella saggezza folle, nell’ebbrezza che permea l’essere quando si fa ponte tra spirito e materia, tra sacro e profano, quando in preda all’estasi, diventa un “tutto” col mondo.
Bibliografia
• Hillman, James. Saggio su Pan. Vol. 1. Adelphi Edizioni, 2015.
• Romano, R., Il racconto della mente. Il mito nella relazione psicoanalitica. Vol. 25. Edizioni Dedalo, 2002.
Sandra “Eshewa” Saporito
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